Libertà di religione in Italia?

 
libertà religiosa in italia.png
 

Ad una settimana dalla pubblicazione da parte dell’agenzia missionaria Porte Aperte della World Watch List (rapporto annuale sullo stato della libertà religiosa dei cristiani nel mondo, in cui sono individuati i 50 paesi dove più si perseguono i cristiani), sembrerebbe fuori luogo e persino irriverente porsi tale interrogativo. Vediamo rapidamente i tratti salienti della questione in chiave storica e giuridica, prima di concludere con un auspicio.

Lo Statuto Albertino entrato in vigore il 4 marzo del 1848, e che rappresentò la prima carta costituzionale dell’Italia unita, faceva dell’Italia uno Stato confessionale. All’art. 1, da una parte si proclamava la religione cattolica, apostolica e romana come la sola religione dello Stato, dall’altra, invece, si instaurava un regime di tolleranza nei confronti di tutti gli altri culti allora esistenti.

Con la Breccia di Porta Pia nel 1870, e la fine per debellatio del potere temporale della Chiesa Cattolica, i rapporti tra il Regno d’Italia ed il Papato furono regolati dalle Legge delle Guarentigie (1871) fino al 1929, e cioè fino al tempo della conclusione dei Patti Lateranensi.Nel Trattato del Laterano l’Italia riconosceva e riaffermava il principio per il quale la religione cattolica, apostolica e romana era la sola religione dello Stato.

Sempre nel 1929, il governo fascista emanava la legge sui “culti ammessi” che dettava, e detta ancora ora per le confessioni prive di intesa con lo Stato ai sensi dell’art. 8, 3° comma della Costituzione, la disciplina dei culti acattolici.

L’entrata in vigore della Carta Costituzionale nel 1948, e con essa dell’inviolabilità dei diritti fondamenti (2), dell’uguaglianza formale e sostanziale di tutti i cittadini davanti alla legge senza distinzione di religione (art. 3), dell’uguaglianza di tutte le confessioni religiose davanti alla legge (art. 8), del diritto di associarsi (art. 18) e così via, definiva, tuttavia, in via previlegiata i rapporti tra lo Stato e la Chiesa Cattolica. Sebbene la Costituzione inaugurava il principio della libertà religiosa e del pluralismo confessionale, l’art. 7 collocava (e colloca ancora) la Chiesa Cattolica Romana al di fuori delle altre confessioni religiose e fa dipendere la disciplina dei loro rapporti dai Patti Lateranensi.In ogni caso, bisognerà attendere l’Accordo di Villa Madama del 1984 per vedere sparire, quanto meno sulla carta, il principio di confessionalità dello Stato consacrato nello Statuto del Regno d’Italia.

La cornice normativa disegnata all’indomani della nascita della Repubblica italiana, è quella attualmente in vigore e nella quale si individuano tre tipologie di confessioni religiose e, pertanto, tre trattamenti differenziati: 1) Chiesa Cattolica (art. 7 della Costituzione e Patti Lateranensi); 2) Confessioni con l’intesa con lo Stato (art. 8, 3° comma della Costituzione; 3) Confessioni prive di intesa con lo Stato (Legge sui culti ammessi, n. 1159 del 1929).

Certamente la Costituzione Italiana, che è la legge fondamentale dello Stato italiano, favorisce in via diretta il pluralismo confessionale quando afferma che “tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge”, che il “carattere ecclesiastico e il fine religioso o di culto non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività”; lo fa in via indiretta nel momento in cui riconosce tra i diritti inviolabili dell’uomo, “sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, la libertà religiosa ed il principio di uguaglianza, tuttavia filtra questo pluralismo confessionale attraverso il “colino” degli articoli 7 ed 8 della Costituzione.

Libertà di religione sì, ma ancora cruda, immatura, acerba.

Solo quando le tre parallele rappresentate dai due articoli costituzionali (7 ed 8) e dalla Legge sui culti ammessi (1159 del 1929) si incontreranno in una Legge quadro unica sulla Libertà religiosa, in cui tutte le confessioni religiose sono rispettate e valorizzate dallo Stato, che non si riconosce in nessuna di essa, allora sì che potrà parlarsi di pluralismo confessionale perfetto, poiché non differenziato e con evidenti caratteri di perequazione.

(spunti tratti dalla conferenza “La libertà religiosa in Italia: a che punto siamo?” tenuta il 16/1/2021 nell’ambito della Settimana Internazionale di Preghiera dell’Alleanza Evangelica. Il video della conferenza può essere visto qui).