“Mia moglie” e il marcio nei mariti
“Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione".
Tutte le persone sposate, al momento del loro matrimonio, hanno ascoltato e fatto attenzione alle parole dell'art. 143 del Codice civile. Pare che per molti mariti queste parole siano state scritte sull'acqua.
Questo è il caso di oltre 32.000 uomini che hanno creato un gruppo Facebook dove, oltre a condividere foto intime delle proprie mogli senza il loro consenso, hanno trovato l'approvazione e la complicità di molti altri presunti "macho" da tastiera.
Mi ha molto toccato lo sfogo amaro di una donna che ha scoperto l'inganno: "Oggi ho scoperto di essere nel gruppo "Mia moglie", non sapendone assolutamente nulla. Lui si è giustificato dicendo che era soltanto un gioco... Abbiamo 2 figli e 10 anni di matrimonio alle spalle...". Ogni commento è superfluo!
Tradizionalmente il corpo femminile era considerato una realtà esclusiva e inviolabile del marito (e viceversa). Ora si fa largo l’idea del corpo femminile come “proprietà diffusa”.
Chi ha una certa età ricorderà che, più o meno 50 anni fa, la legge permetteva il cosiddetto delitto d’onore che prevedeva pene irrisorie in caso di vendetta giustificata dalla infedeltà matrimoniale. L'inviolabilità del matrimonio era a guardia dell’esclusività del possesso del corpo femminile.
Ora l’idea di mettere a disposizione di un pubblico ampio alcune foto più o meno osé della propria moglie è un radicale stravolgimento di questo presidio sociale. Ciò che è più intimo può essere reso accessibile, può diventare pubblico come una nuova forma di possesso, potenziato anziché minacciato dalla sua condivisibilità. C’è chi è andato oltre, come nel caso Pelicot in Francia, in cui la moglie, incosciente come oggetto inerte, veniva proposta allo stupro libero di molti altri.
Sono sintomi preoccupanti. Il nuovo passatempo preferito è quello di spiare nel buco di una serratura virtuale, di casa propria come di quella altrui. Al punto che sta venendo meno anche il valore attribuito alla vita intima come luogo esclusivo di discrezione, ambito in cui hanno spazio elementi della personalità che non condividiamo con altri, se non con le persone care.
Paola Giacomoni, docente di storia della filosofia all'Università di Trento, ha acutamente affermato in un post: "La capacità di coltivare la propria intimità, la propria personalità più profonda consente di arricchire la propria vita interiore, di rendere inesauribili, o sempre rinnovabili le nostre capacità, da cui possono nascere poi i contributi che offriamo alla società in ogni ambito".
Questi mariti, invece, frustrati e mendicanti di nuovi e vecchi stimoli, hanno smarrito il privilegio e l'impegno di scoprire la ricchezza che si trova nell'intimità con la propria moglie. A loro non sembra contraddittorio condividere gli espetti più intimi e, in questo caso esplicitamente erotici, della propria vita matrimoniale.
In fondo si mette a disposizione non tanto l’unicità della persona, ma ciò che si può trovare in qualunque sito e letteratura pornografica. Il sesso come repertorio di immagini omologate e ripetitive, ravvivate appena da qualche sguardo o espressione personale. In altre parole, la “standardizzazione dell’intimità”!
Da parte di maschi in crisi non siamo solo davanti ad una violenza verso il mondo femminile, ma al grave e generale pericolo di svuotamento della loro vita più personale. Un "piacere" effimero che inganna, che promette tanto ma che lascia una miseria emotiva e una nuova fame che li spinge verso altri "piaceri". Il cane che si morde la cosa!
La visione biblica della sessualità condanna la fuga nell'erotismo frenetico di oggi, che non è altro che disperazione che si giustifica con il diritto al piacere a tutti i costi. In Genesi, Dio definisce la donna come "un aiuto che sia adatto" per l'uomo, "un aiuto che gli corrisponda" (2,18). Henri Blocher commenta: "Il termine 'aiuto' esprime chiaramente l'idea che la dualità non deve comportare alcun antagonismo. La corrispondenza esige qualcosa di più". Gli fa eco Dietrich Bonhoeffer: "La donna è il limite (creaturale) dell'uomo che ha preso forma, e Dio invita l'uomo ad amarla".
Il Cantico dei cantici, che canta l'amore dello sposo e della sposa, lo paragona "alle grandi acque che non potrebbero spegnere l'amore.. Se uno desse tutti i beni di casa sua in cambio dell'amore, sarebbe del tutto disprezzato" (8,7). Mostrare la propria moglie non può essere "soltanto un gioco", ma un modo per disprezzarla! È l'abbandono di un patto sancito davanti a Dio, alla legge e alla società: "l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale".