Nuovi apologeti cercasi. Un appello dalla Svezia

 
 

Non c’è più tempo da perdere! L’Europa ha bisogno di una nuova generazione di apologeti! L’accorato appello viene dalla Svezia e precisamente da Stefan Gustavsson nel libro Sostenere le ragioni della fede. Un manifesto per l’apologetica cristiana, pubblicato nel 2016 e recentemente tradotto in italiano dalle edizioni GBU. 

Già presidente dell’Alleanza Evangelica Svedese, membro del comitato direttivo dell’European Leadership Forum e animatore del Centro di apologetica cristiana a Stoccolma, Gustavsson fa partire il suo appello da una constatazione. Le chiese evangeliche in Svezia perdono membri. Guardando ai numeri soprattutto della chiesa luterana (largamente liberale), si può parlare di un tracollo. Cosa succede alla protestante e cristianizzata Svezia? Stando ai numeri, è in corso un abbandono di massa. Non solo le chiese non sono più in grado di attirare persone esterne, ma esercitano addirittura una forza centrifuga che fa scappare chi è cresciuto al suo interno. Il dato è in qualche misura trasportabile in tutta l’Europa dove, con dinamiche diverse e con percentuali variabili, si assiste allo stesso fenomeno. Il cristianesimo, sistema di valori di riferimento dell’Europa per secoli, sta lasciando terreno ad un secolarismo vuoto ma potente.

Secondo Gustavsson, c’è un vento sempre più imponente che soffia contro la chiesa e che esercita la sua forza soprattutto nelle scuole pubbliche e nei sistemi educativi in generale. Il cristianesimo viene ridicolizzato, marginalizzato e smentito dalle scienze naturali che si basano su una filosofia naturalistica che esclude l’esistenza di un Creatore, dalla letteratura che si appropria della sola ermeneutica post-moderna che esclude la verità, dalla storia che riduce il cristianesimo a sistema gretto e arretrato, dalla psicologia che afferma che è stato l’uomo a creare Dio per i suoi bisogni interiori e in molti altri campi.

L’educazione in sé non rappresenta il fulcro del problema. Per l’autore il problema sorge quando a confrontarsi con questo sistema educativo vengono inviati ragazzi e ragazze cresciuti in un cristianesimo semplicistico e intimista che non fornisce loro gli strumenti adatti per confrontarsi con strutture ben più solide. La domanda è: si possono tenere entrambi i piedi saldi nella chiesa continuando a tenere la mente aperta e con un’integrità intellettuale? 

Per Gustavsson non solo ciò è possibile, ma necessario e obbligatorio. Bisogna tornare a pensare alla vita della chiesa anche come una comunità di apologeti. Se il secolarismo ha trovato tanto campo, infatti, è perché la chiesa aveva già arretrato lasciando scoperti avamposti importanti. Il culto della ragione dell’umanesimo illuminista e il relativismo assoluto, suo frutto, hanno infatti trovato un cristianesimo che, abbandonando la sua originaria chiamata, si è diluito con due reazioni opposte ma speculari: il liberalismo, che cedendo il fianco all’umanesimo, ha di fatto sgretolato ogni dottrina del cristianesimo ortodosso, e le tendenze mistiche che offrono percorsi per la conoscenza di Dio scollegati dalla vita reale e quotidiana e che ignorano le sfide intellettuali della nostra epoca. Con queste due tendenze il cristianesimo si è in qualche modo indebolito. Oggi ci troviamo nella condizione della chiesa primitiva: difendere, proclamare ed annunciare la verità del Vangelo in un contesto essenzialmente pagano! 

Ireneo, Giustino Martire, Tertulliano, sono solo alcuni dei Padri della chiesa che nei primi secoli colsero la sfida di costruire una difesa (apologia) della fede che fosse vigorosa, pertinente e solida. Prima ancora dei Padri della chiesa, a giustificare la chiamata per la chiesa alla costruzione di “comunità di apologeti” c’è il Nuovo Testamento. Gesù, Paolo e Pietro sono i primi grandi apologeti della storia del cristianesimo. Tutti e tre hanno infatti interagito con la cultura che li circondava, rispondendo, dimostrando, dialogando, persuadendo. Per Gesù, Paolo e Pietro l’apologetica era integrata al loro ministero tenendo alta la questione della verità, ragionando seriamente e argomentando in modo persuasivo a suo favore. 

In questo senso è inaccettabile che le chiese, spesso formate da una classe media di professionisti e laureati, possa equipaggiare i suoi membri con nozioni sempliciste e spiritualiste che non rispondono alle domande profonde né dei credenti stessi, né che danno loro la possibilità di evangelizzare in contesti culturali, accademici e lavorativi in modo solido.

Così, accanto alla diaconia, alla lode, alla preghiera, alla predicazione, si dovrebbe costruire una cultura ecclesiale orientata all’apologetica, cioè alla capacità di difendere la fede argomentando e dimostrando la validità, credibilità e affidabilità del Vangelo in una cultura che lo denigra. Per Gustavsson non si tratta di diventare tutti accademici o apologeti pubblicamente impegnati, ma di ripensare alla chiesa come a comunità aperte alle domande e alle sfide, umili nell’affermare decisamente la verità, ferme nella verità, alimentate dalla sete di conoscenza e con una prospettiva precisa sulla cultura che le circonda. 

L’appello viene dalla Svezia, ma va colto anche dall’Italia evangelica. Con due noticine aggiuntive. La prima è che l’analisi della secolarizzazione sia contestualizzata al nostro Paese. Qui il cristianesimo di maggioranza è stato il cattolicesimo romano (che non è il cristianesimo biblico). La lettura secondo la quale la cristianità del passato era bella e la secolarizzazione è brutta non funziona. Da noi i timidi refoli di secolarizzazione hanno cercato di attaccare un potere religioso monopolista e onnivoro del cattolicesimo. Per certi aspetti, la secolarizzazione in Italia è stata “provvidenziale” perché ha iniettato quel poco di pluralismo che il Paese ha. 

La seconda è che le “comunità apologetiche” a cui Gustavsson chiama devono assimilare più approfonditamente la lezione dell’apologetica pattizia (o presupposizionalista) se vogliono svolgere un servizio fedele e creativo alla testimonianza dell’evangelo. Bene impegnarsi nel confronto con la cultura, sapendo che sia i presupposti del cattolicesimo, sia quelli del secolarismo confliggono con la visione biblica del mondo. Le sfide culturali possono essere diverse nell’Europa meridionale e anche le chiese evangeliche italiane hanno bisogno di diventare comunità “apologetiche” per sfidare, come minoranza, la cultura catto-secolarizzata dominante.