Se gli evangelici si inchinano davanti al papa

 
 

La foto è tragicamente iconica e vale molto di più di tante parole. Il segretario generale dell’Alleanza Evangelica Mondiale (World Evangelical Alliance, WEA) inchinato ad angolo retto davanti al papa stringendogli la mano, quasi volendola baciare. Un atto di deferenza eccessiva, quasi di genuflessione, certamente di sottomissione. Mentre l’evangelico è tutto preso in questo gesto corporale di riconoscimento di autorità e di auto-umiliazione, il papa romano sorride sornione, magari pensando: “ora anche gli evangelici mi riconoscono come guida spirituale, forse domani lo faranno anche come sovrano pontefice e pastore della chiesa universale”. 

Da non trascurare il fatto che papa Francesco è gesuita, l’ordine religioso fondato per contrastare la Riforma protestante: proprio il primo gesuita della storia diventato papa vede il rappresentante evangelico piegarglisi avanti in atto di subalternità. Missione compiuta per Ignazio di Loyola e i suoi “soldati”: con il leader evangelico che si inchina a Sua Santità, la Riforma è simbolicamente finita. Era da tempo che le chiese protestanti storiche avevano ammainato la bandiera della Riforma per sventolare quella dell’ecumenismo con Roma vituperando l’eredità spirituale e teologica di chi quella chiesa romana l’aveva sfidata perché deviata. Ora anche le chiese evangelicali rappresentate dalla WEA sembrano essere spiritualmente pacificate con il cattolicesimo, almeno stando alla postura del segretario che si è inchinato deferente davanti al papa romano.

La foto si riferisce ad una veglia ecumenica di preghiera del 30 settembre, tenuta in piazza San Pietro, presieduta dal papa alla presenza di notabili ecclesiastici di varie chiese ortodosse e protestanti. Tutto ciò alla vigilia del Sinodo cattolico sulla sinodalità aperto in questi giorni e per il quale i partecipanti alla veglia hanno pregato. Naturalmente, il papa era in mezzo a simboleggiare il suo essere centrale nella visione cattolica dell’unità: tutti uniti perché tutti intorno al papa. Da non trascurare anche altri simboli dell’evento: ad esempio, un grande ritratto mariano sovrastava il palco ad indicare la ricerca dello sguardo materno di Maria. Tutto questo è comune e scontato per il cattolicesimo, ma cosa c’entra con la fede evangelica?Com’è noto, l’Alleanza Evangelica Italiana ha diramato un comunicato che stigmatizza l’accaduto. “Dall’unità evangelica all’unità ecumenica. L’ultimo scivolone della WEA” (3/10/2023) è un articolo che sottolinea quali sono le criticità dell’intervento del segretario WEA: pregare pubblicamente in piazza San Pietro equivale a dire che la chiesa cattolica romana è una delle tante “denominazioni” cristiane e che i cattolici sono “fratelli e sorelle” in Cristo. Significa anche dire che per quanto rimangano differenze, esse sono secondarie e comunque minori. Per l’AEI, la partecipazione del leader WEA è stata un errore spirituale madornale, una contraddizione grande come una casa rispetto alla storia della WEA e una perdita di credibilità dell’istituzione rappresentata. 

Vedremo quello che accadrà ora. Anche l’Alleanza Evangelica Spagnola ha pubblicato un comunicato di netta presa di distanza dal comportamento del segretario della WEA che ha violato ciò che fino a ieri era il comun sentire evangelico: l’unità cristiana è tra i nati di nuovo e che la chiesa cattolica per la sua dottrina e storia non è una denominazione qualunque, ma un’istituzione distinta e distante rispetto all’evangelo biblico bisognosa di una radicale e strutturale riforma secondo l’evangelo..

Tornando alla foto dell’evangelico piegato davanti al papa, quello che è accaduto il 30 settembre potrebbe essere il risultato più rilevante del pontificato di Francesco, il papa gesuita: l’aver portato intorno a sé in postura deferente gli unici cristiani che non si erano ancora accomodati al tavolo ecumenico: gli evangelici (inclusi i pentecostali). Roma c’era riuscita da tempo con gli ortodossi e i protestanti storici, ma non ancora con gli evangelicali. Ora sembra riuscirci.

Per un evangelico, chinarsi davanti al papa è una contraddizione insieme spirituale, morale e teologica. Un evangelico non deve chinarsi davanti a nessuno, se non a Dio. In quella postura ad angolo retto davanti al pontefice romano c’è l’illustrazione plastica e tragica dello stato dell’evangelicalismo della WEA: anche se nell’illusione di essere ancora diverso dal papa, esso è col papa e sotto il papa. Cioè l’antitesi dell’evangelo.