Sepoltura o cremazione? Questa è la scelta (temporanea)

 
 

Che fare con le salme degli altri e nostre? In un recente articolo pubblicato il 17 gennaio da The Gospel Coalition USA, Justin Dilley ha ripreso la questione legata alla cremazione dei defunti. Cosciente del contesto americano nel quale opera, Dilley vede il rischio da parte dei credenti di scegliere la cremazione semplicemente per seguire un “trend” sempre più in voga anziché ponderare biblicamente il trattamento da riservare al corpo deceduto. A proposito di questa tematica, anche nel contesto evangelico italiano se ne è parlato, dando luce ad un utile documento redatto dal Centro di Studi di Etica e Bioetica (CSEB) di Padova, pubblicato nel supplemento n. 9 di Studi di teologia (2011). Sarà quindi interessante far dialogare le due prospettive, auspicando una utile riflessione per tutti.  

Sia Dilley che il documento del CSEB osservano innanzitutto che la Scrittura riporta molti esempi di sepoltura e tumulazione, come quella di Abraamo e Sara, Isacco e Rebecca, Rachele, Giovanni il Battista e Stefano, fino ad arrivare a Gesù stesso. Ciò nonostante, il documento del CSEB nota anche casi di imbalsamazione, come quello di Giacobbe e Giuseppe, dovuti all’usanza del paese nel quale quest’ultimi si trovavano al momento del decesso, cioè l’Egitto (p. 9). Per quanto riguarda invece la cremazione, Dilley osserva che, ad eccezione degli Egiziani, dei Cinesi e degli Ebrei, tutte le altre popolazioni antiche erano solite praticare l’incenerimento dei corpi, senza necessariamente implicare una pratica malvagia o occulta.

Con l’avvento del cristianesimo e quindi del messaggio biblico della resurrezione dei corpi (1 Co 15, 42; 1 Te 4,13-18), primo tra tutti quello glorificato del Signore Gesù, la sepoltura prese il monopolio, influenzando la cultura funebre. Da lì nacque il cosiddetto cimitero, dal greco koimeterion, luogo di riposo (in attesa della parusia). La cremazione, dall’essere stata utilizzata come strumento ideologicamente anticristiano a partire dall’Ottocento, è diventata a mano a mano una pratica scevra da connotazioni “politiche” e più interessata ad aspetti pratici (p. 15), come quello igienico (la sua asetticità), urbanistico (l’esiguità degli spazi) ed economico (la gestione della bara).

Se da un lato la sepoltura ambisce a rispettare il corpo del defunto, comunicando la speranza della futura resurrezione, il CSEB osserva altresì che questa pratica è degenerata nel tempo con l’introduzione della venerazione dei corpi (p. 11), una prassi che continua ad essere centrale nel cattolicesimo romano. D’altra parte, Dilley osserva che l’induismo incoraggia la cremazione perché ritiene che senza il corpo l’anima sia più facilitata nella re-incarnazione. È evidente che entrambe le pratiche siano suscettibili di estremizzazioni peccaminose e per niente bibliche.

Di per sé, però, la Parola non sembra indicare un metodo sull’altro o uno e non l’altro. Se da questo punto di vista nulla osta, allora sarà bene considerare l’aspetto individuale e contestuale, i quali variano, giustamente, da persona a persona, e da condizione a condizione. Sarà comunque utile prendere una scelta che consideri non solo le proprie convinzioni personali, ma che sia serenamente aperta alle considerazioni familiari, ecclesiali e testimoniali.   

In entrambi i casi la decomposizione, che sia accelerata o meno, avverrà inevitabilmente (Ge 3:19). Mentre è giusto ponderare questa decisione, sarà bene ricordare che la condizione della salma sarà temporanea e che un giorno per mezzo della sua maestosa potenza, il nostro Creatore risusciterà i nostri corpi alla sua gloria.