Taccuino australiano (III). Fare i conti con i “tempi lunghi” e i “risultati sospesi” della missione

 
 

Uno degli aspetti più arricchenti nel visitare un altro Paese è l’incontro con credenti evangelici e la possibilità di conoscere le sfide e le benedizioni dell’opera dell’evangelo in quella nazione. Nel nostro viaggio in Australia, mentre stiamo partecipando a cinque conferenze consecutive della Christian Missionary Society d’Australia, abbiamo incontrato tante persone che hanno arricchito il nostro bagaglio di esperienze e di percezioni del mondo evangelico. In particolare, abbiamo trascorso del tempo con il direttore internazionale della CSM, Peter Sholl e sua moglie Sarah. Dopo la laurea in ingegneria e un lavoro nel settore, Peter ha frequentato il Moore Theological College (la facoltà di teologia evangelica australiana più conosciuta e prestigiosa) per entrare nel ministero pastorale della chiesa anglicana. Dopo un servizio di 10 anni, come famiglia si sono trasferiti a Monterrey (Messico) dove per dodici anni hanno lavorato nella formazione teologica in America Latina. Chiuso questo periodo, Peter ora guida il lavoro della missione CSM. E’ stato molto arricchente interagire con loro a più riprese. 

In una delle sessioni condotte a Sydney, Peter ha approfondito cosa voglia dire per l’opera missionaria di lavorare sul “lungo periodo” e nella consapevolezza che i risultati non sono sempre immediati. Nel quadrilatero dei valori della CMS, i lati sono: 1. priorità dell’evangelo, 2. impegno a lungo termine, 3. collaborazione con le chiese/opere locali e ove possibile sottomissione ad esse, 4. stile di vita cruciforme. 

Per chi fa missione interculturale, l’impegno a lungo termine vuol dire investire nell’apprendimento della lingua e della cultura e nella costruzione di reti che rendano sostenibile e fruttuoso il lavoro. Nel commentare Atti 28 – la storia del naufragio a Malta e il ministero di Paolo sull’isola mediterranea – l’enfasi è stata messa sul fatto che lo Spirito Santo è il Soggetto missionario e che i tempi e i modi della missione sono nelle sue mani. Il cronometro della missione non è misurato in base al tempo biografico dei missionari ma sulla scorta del tempo di Dio. Nella sua provvidenza ordinaria, Dio usa i “tempi lunghi” per portare avanti il suo piano. La missione deve quindi sincronizzarsi con i tempi di Dio piuttosto che voler vivere con frenesia i tempi tambureggianti delle nostre aspettative. Nel caso di Paolo a Malta, il naufragio non è un’interruzione del piano di Dio o un rallentamento della sua intensità. A noi può sembrare una perdita di tempo e di risorse o una distrazione dall'obiettivo, ma in realtà anche il naufragio, la distruzione della nave, il salvataggio dell’equipaggio, i contatti avuti sull’isola sono tutti dentro i tempi di Dio per Paolo in vista del raggiungimento di Roma. La missione che vuole avere tutto e subito vuole imporre i propri tempi a Dio, piuttosto che mettersi sulla scia dei tempi di Dio e assecondarli.

Inoltre, il breve soggiorno di Paolo a Malta dice qualcos’altro sulla qualità evangelica della missione. Nell’isola Paolo è protagonista di portenti, compie miracoli, passa da essere visto con sospetto a essere onorato oltre le più rosee aspettative. Eppure, il suo ministero là, per quanto apparentemente di successo, non produce conversioni, almeno nell’immediato. Paolo lascia l’isola con tutti gli onori, ma il libro degli Atti non riporta che vi siano state conversioni a Cristo. Nessuna chiesa è stata fondata in quel passaggio. In altri episodi della vita dell’apostolo, la visita ad una città aveva visto la creazione del primo nucleo di quella che sarebbe stata la chiesa locale. A Malta no. Anche ad Atene no. Paolo è passato da questi posti, ha esercitato il suo ministero fedelmente e potentemente, mostrando anche i segni dell’apostolo (miracoli e portenti), ma tutto ciò non ha prodotto apparenti risultati immediati. Essi sembrano “sospesi”, in attesa dei tempi di Dio per la raccolta. Certamente Paolo ha onorato la missione, ma il successo della missione non è il frutto di un’operazione matematica e producibile solo con fattori umani. Dio è sovrano sui tempi e sui risultati della missione. 

In quest’ottica è importante che il servizio dell’evangelo sia tarato sui tempi di Dio, accettando che siano “lunghi” secondo i nostri parametri, e sia aperto a gestire il fatto che i risultati sperati non arrivino subito. Il piano di Dio centra sempre lo scopo per cui è stato pensato ed attuato. La missione deve servire i propositi di Dio, non i nostri.

(continua)

Taccuino australiano (I). Finestra su un pezzo di mondo evangelico dall’altra parte del pianeta (10/1/2023)

Taccuino australiano (II). Cosa significa dare “priorità all’evangelo”? (13/1/2023)