Testimoni oculari del Natale (I). Giuseppe e la rivelazione che rasserena
Chi può parlare del Natale meglio di chi lo ha visto in prima persona? Perché non dare la parola ai testimoni oculari della nascita di Gesù? Con un esercizio di sana immaginazione, proviamo a farlo. Lasciamo raccontare a Giuseppe, a Elisabetta, ai magi e ai pastori il natale che testimoniarono, affinché attraverso il loro racconto esso si ravvivi e cambi la vita di molti.
La testimonianza di Giuseppe è basata su Matteo 1,18-25 e Luca 1,26-28
Quando lo scoprii fu come un fulmine a ciel sereno. Maria, la mia promessa sposa, era incinta. Cos’altro potevo pensare se non al tradimento? Ricordo ancora quel momento come uno dei più difficili della mia vita. Ero allibito. Caddi in un vortice di dolore e incredulità. La legge era chiara, troppo chiara: un uomo e una donna colti in adulterio dovevano essere condotti a morte. Ma volevo veramente questo per Maria?
Continuavo a rimuginare sul da farsi. Erano giorni che non riuscivo a mangiare e a bere. Ero diventato insonne. Passai giorni interminabili in un rumoroso silenzio. La mia bocca non pronunciava una parola, ma nel frattempo avevo mille pensieri per la testa. Ero combattuto. La legge mi dava il diritto di lasciarla, anzi lo richiedeva: un atto di ripudio, un documento che l’avrebbe segnata per sempre. Nessun uomo l’avrebbe più voluta, nessuna famiglia l’avrebbe accolta. Ma come potevo esporla all’infamia? Come potevo consegnarla alla vergogna?
La decisione che maturai fu quella di lasciarla in segreto. Era l’unico modo che potevo pensare per mantenere intatta almeno un’ombra della sua dignità. Non avrei parlato e non avrei accusato nessuno. Avrei semplicemente firmato quel documento e me ne sarei andato in silenzio.
Ma mentre continuavo a rifletterci, una notte una luce improvvisa mi avvolse, e un angelo del Signore mi apparve come fosse uscito da una dimensione che non conoscevo. Non parlò con durezza, né con arroganza, ma disse semplicemente: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie.” Le parole mi colpirono al cuore. Non temere. Dio conosceva la mia lotta interiore: “Perché ciò che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai loro peccati”.
Lo ricordo ancora: la calma e la serenità che sentii non erano di questo mondo. Dio stesso mi aveva parlato, egli stesso aveva rivelato il suo piano di salvezza. Quella rivelazione era troppo maestosa e unica per essere frutto della mia immaginazione. Non avevo mai provato una certezza simile. Al risveglio non ebbi più dubbi. Ogni timore svanì, ogni pensiero di ripudio fu spazzato via. La prima cosa che feci fu raggiungere Maria. Non le raccontai tutto subito; le bastò vedermi arrivare con occhi diversi, con un volto finalmente quieto. Capì che Dio aveva parlato anche a me. Da quel momento, presi Maria con me. Non ebbi rapporti con lei fino alla nascita del bambino, non perché la vedessi con sospetto, ma perché quel grembo portava il Santo, colui che veniva direttamente dal cielo.
E venne infine il giorno in cui nacque. Piccolo, indifeso, il figlio che Dio mi affidava. Ricordo le mie mani tremare quando lo sollevai per la prima volta. E secondo il comando ricevuto, gli diedi il nome di Gesù. Quel semplice gesto, pronunciare il suo nome, conferirglielo davanti al cielo e alla terra, era più di una formalità. Era l’atto con cui lo accoglievo come mio figlio.
Ora sapevo che quel bambino non veniva da me. Sapevo che lo Spirito Santo aveva fatto ciò che nessun uomo avrebbe potuto fare. Sapevo che doveva essere così affinché egli fosse il perfetto mediatore tra Dio e l’uomo, l’unico in grado di salvarci dai nostri peccati. Nel momento in cui pronunciai quel nome, egli divenne parte della mia casa e della mia discendenza, adempiendo le profezie che tutti conoscevano a menadito, cioè che il promesso messia sarebbe venuto dal ramo di Davide.
Ancora oggi, ripensando a tutto ciò, so che senza la rivelazione di Dio non avrei mai compreso. È stato Dio stesso, con la sua parola chiara, autorevole e rasserenante, a placare i miei timori, a dissolvere le mie domande, a riappacificare i miei pensieri, mostrandomi che ciò che cresceva nel grembo di Maria era unico e irripetibile. Io, Giuseppe, figlio di Davide, non ero preparato a diventare il padre terreno del Messia. Ma il Signore mi chiamò, e quando parlò al mio cuore, tutto divenne chiaro. E così rimasi accanto a Maria. E accanto a quel bambino che veniva da Dio ed era Dio.