Baricco e i giovani contestatori. Quale storia convincente?

 
 

Il 9 ottobre scorso, lo scrittore Alessandro Baricco ha pubblicato su Substack un intervento dal titolo “Gaza”, ripreso poi da alcune testante giornalistiche, podcast, rimbalzando sui social e accendendo il dibattito tra lettori e altri nomi illustri.

Le sue parole sono un’analisi di ciò che è avvenuto nelle piazze italiane ed europee attraversate settimana dopo settimana da un movimento sempre più grande di giovani e giovanissimi, i quali sventolando la bandiera palestinese si schieravano, non tanto contro questa o quella nazione, questa o quella politica, ma dalla parte di una certa umanità e per prendere distanza da un’altra rivendicando una propria idea della Storia. 

Quei giovani sono descritti come il volto della “nuova civiltà digitale” intenta a decretare la morte della “civiltà del Novecento” che si dimena ancora per sopravvivere. Mentre quest’ultima crede che “la guerra sia una soluzione, e la sofferenza dei civili un prezzo accettabile con cui finanziare lo scontro tra le élites”, la nuova civiltà digitale crede che viviamo già in un mondo diverso dove Gaza non è possibile” e che esso va difeso senza le armi.

Secondo Baricco ci troviamo in uno scontro di civiltà, nel quale l’Europa dovrebbe giocare un ruolo fondamentale: essa conosce più di ogni altro il Novecento e se avesse un minimo di lucidità, a suo modo di vedere, dovrebbe solo mettergli fine con “ottusa pazienza” raccontando una versione nuova della storia.


L’opinione espressa da Baricco ha riacceso in me alcune profonde riflessioni, sui giovani nelle piazze, sulla chiesa e sulla narrazione a loro offerta.

Giovani disturbatori?

Convivo con due giovani adolescenti, i quali sempre più spesso esprimono - a volte nel modo irruento e scomposto tipico di questa età - la stessa indignazione per la violenza, la guerra, la sopraffazione e la sofferenza di molti espressa dai loro coetanei nelle piazze. La genitorialità mi impone il confronto con loro, ma in realtà è la Parola di Dio che mi costringe. Il Signore Gesù ci chiama a prendere seriamente le loro affermazioni, le domande e i dubbi di questa generazione che può apparire “disturbante”. 


Così in questi giorni non ho potuto fare a meno di ripensare agli scritti di Francis Schaeffer, che mi hanno segnato profondamente proprio quando io ero una “giovane disturbatrice”, che poteva domande scomode agli adulti e metteva in dubbio lo status quo. 


Anche lui parlava del Novecento come di una “civiltà agonizzante”. Anche il Novecento ebbe i suoi studenti in rivolta nelle università che chiedevamo conto ai loro genitori delle scelte fatte. Il Novecento è passato, ma non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Pare che i giovani, in ogni epoca, chiedano di passare ad una nuova civiltà. In loro c’è lo sguardo che anela un mondo diverso e in fondo questo è l’anelito di ogni uomo.


Purtroppo, allo stesso modo della generazione a cui chiedono risposte e propongono nuove apparenti soluzioni, loro stessi non hanno alcun fondamento solido su cui costruirle. Questi giovani senza neppure saperlo ci stanno dicendo una verità: che il problema non è il Novecento, ma siamo noi. Non è una certa umanità, ma l’Umanità nel suo complesso.

Sventolando le loro bandiere vorrebbero affermare che non si riconoscono in essa, ma, al tempo stesso, sentono di non poterle sfuggire. I nostri figli, i loro amici, quei ragazzi che nel nostro quartiere sventolano le loro bandiere, sono per noi solo giovani disturbatori? Li riteniamo degni del nostro ascolto e considerazione? Sono accolti nelle nostre case e nelle nostre chiese? Sono l’oggetto del nostro amore in questa nuova civiltà digitale appena cominciata e già in agonia? 


Qual è la tua storia convincente?

Abito di fronte ad alcuni studenti di varia provenienza e sulla loro finestra da tempo sventola la bandiera palestinese. I loro vestiti sembrano usciti dagli anni ‘70, dalle loro stanze esce continuamente un fumo intenso e la sera le loro conversazioni si prolungano sempre fino a tardi. Forse in piccolo sono uno dei volti di questa civiltà digitale di cui parla Baricco?


In queste ore, mentre si attende l’esecuzione effettiva e definitiva dell’accordo di pace tra Israele e Hamas, li immagino con il fiato sospeso per capire quale civiltà prevarrà, quella del Novecento o la loro? Secondo Baricco “gli scontri di civiltà si decidono in buona parte sulla capacità di narrazione”. Chi sarà più bravo a trasformare questa “nebulosa di fatti in una storia convincente, e dunque in realtà”?


Basta davvero una storia convincente per cambiare il corso della storia? Sì, in parte, abbiamo bisogno di una storia convincente per la quale e nella quale vivere, ma fino a quando sarà l’umanità in autonomia ad elaborare una tale narrazione - che sia quella del Novecento o sia quella del secolo digitale – essa sarà solo parziale e non sarà mai né veramente convincente né tantomeno reale. 


Quei giovani che per alcuni sono solo dei disturbatori della quiete pubblica, mentre per altri stanno dalla parte giusta della storia, attendono che il popolo di Dio offra loro risposte sulla storia e il loro ruolo in essa alla luce della Parola di Dio. Loro ci chiedono conto della nostra posizione nella storia. Quando chiedono il “perché” delle nostre bandiere stanno chiedendo di conoscere il fondamento sul quale basiamo le nostre scelte. Che tale domanda ci sia rivolta personalmente o meno non possiamo eluderla perché siamo stati mandati per condividere quella risposta. 


Dio ha progettato la Storia e nella vita di Gesù Cristo l’ha realizzata al posto nostro e l’ha narrata al mondo. Per opera dello Spirito Santo ci ha convinto per crederla e viverla noi stessi, oltre ogni secolo, epoca e civiltà. Chi ha ricevuto per grazia e creduto per fede alla Sua narrazione convincente dovrebbe annunciarla a questo mondo in agonia, perché essa è la sola Realtà.


La chiesa, come popolo di Dio nella storia e nelle sue varie articolazioni, non è chiamata a stigmatizzare questa o quella bandiera, questa o quella civiltà, ma piuttosto ad esercitare un ruolo “politico” unico nel suo genere in ogni momento storico, anche in questo. Il suo compito è di offrire a questa nuova civiltà digitale e alla vecchia civiltà del Novecento la narrazione convincente con la N maiuscola, l’unica che prende davvero sul serio le domande e le critiche di questa generazione o quella generazione. Ci troviamo anche noi coinvolti in questa battaglia polarizzata di civiltà umane oppure stiamo rappresentando la nuova civiltà in Cristo che invita tutti a convertirsi e a rinnovare il nostro modo di vivere?