La politica del vangelo (V). Un appello alla militanza evangelica
Militanza è una parola grossa che richiama una disciplina da “miles”, soldato. Su questa responsabilità ha riflettuto Giacomo Ciccone, presidente dell’Alleanza Evangelica Italiana, nell’intervento conclusivo alle Giornate teologiche 2025 su “La politica del vangelo”.
Cosa significa vivere la fede non solo come esperienza individuale, ma anche come impegno in tutte le sfere della vita, politica inclusa? Non si parla di militanza come slogan da comizio o come contrapposizione tra parti politiche, ma come determinazione del cuore devoto di Cristo, impegno radicato nella Parola di Dio e capace di incidere nella realtà quotidiana.
Il punto di partenza è stato Romani 13,11-14, dove l’apostolo Paolo esorta i credenti a “svegliarsi dal sonno” e a ‘’rivestirsi delle armi della luce’’. Parole che risuonano con forza perché ci spingono a non vivere la fede come un’attesa passiva, ma come una vigilanza attiva, capace di tradursi in scelte responsabili e testimonianze visibili. Dunque, partendo dal passo biblico, Ciccone ha ricordato che la fede cristiana è una chiamata ad agire con responsabilità. Ecco un perimetro dentro il quale è possibile dare un senso alla militanza evangelica
1) Tempo: consapevolezza del presente - La militanza nasce dalla coscienza che viviamo un “momento cruciale”. Non è un futuro lontano, ma un presente in cui Dio agisce. Per questo il credente è chiamato a urgenza e vigilanza.
2) Risveglio: dalla passività all’azione - “Uscire dal sonno” significa non rassegnarsi né vivere di abitudini religiose spente. Militanza significa riaccendere passione, coraggio e consapevolezza della propria condizione spirituale e storica.
3) Responsabilità: testimonianza sociale - Il Vangelo non è confinato alle mura della chiesa locale. Il credente è chiamato a testimoniare anche nel sociale e nella politica, non per conquistare potere ma per servire. Militare significa agire per il bene comune con giustizia, verità e amore, senza cedere a logiche di dominio.
4) Luce: le armi del cristiano - Le vere ‘’armi’’ non sono coercizione o imposizione, ma amore, onestà, umiltà, e sobrietà. Virtù invisibili, ma decisive per trasformare la società. La militanza evangelica è la responsabilità di portare la luce di Cristo nei luoghi in cui si decide il futuro della società, senza dimenticare la testimonianza quotidiana nelle relazioni ordinarie.
5) Complessità: oltre i dualismi – Ciccone ha invitato a superare semplificazioni manichee e scontri sterili. Infatti, troppo spesso, la vita viene ridotta a contrapposizioni nette: da una parte i “buoni”, dall’altra i “cattivi”. Ciccone ha invitato a farsi carico della complessità. La militanza non è un muro divisivo, ma fedeltà al Vangelo in un mondo articolato, rifiutando logiche riduzionistiche.
6) Dialogo: testimoniare con rispetto - essere militanti non significa chiudersi e diventare antagonisti a tutto. Al contrario, il credente è chiamato a testimoniare senza imporre e a dialogare senza rinunciare alla verità, rispettando la libertà altrui. In una società plurale, la vera forza della militanza evangelica è la capacità di coniugare fermezza e rispetto.
7) Quotidianità: impegno di ogni giorno - La militanza non si limita a grandi eventi o gesti eclatanti. È una scelta quotidiana: vivere con sobrietà, speranza e coerenza. Ogni parola, ogni gesto, ogni decisione diventa occasione per testimoniare Cristo, ricordando che il momento cruciale è ora.
Con queste coordinate, la militanza evangelica è un cammino di fede nel tempo presente. Non rimanda a un domani incerto, ma si radica nell’oggi. La sfida non è scegliere tra spiritualità o impegno sociale: il Vangelo chiama a vivere entrambe le dimensioni. È proprio questa la “crucialità del momento” evocata dall’apostolo Paolo: riconoscere che la salvezza realizzata in Cristo deve essere incarnata ora in scelte concrete, orientate all’amore e alla giustizia.
L’appello alla militanza evangelica lascia dunque un invito semplice ma esigente: non vivere nel mondo come spettatori passivi, ma come pellegrini che testimoniano con speranza. Perché il compito dei cristiani è di essere strumenti del disegno di Dio, con la consapevolezza che tutto avviene sotto il Suo sguardo. Vivendo con responsabilità ogni giorno. Dunque, la chiamata resta sempre attuale: il momento cruciale è ora.
(continua)
Della stessa serie:
Marco Iotti, “La politica del vangelo (I). Dio e l’autorità” (17/9/2025)
Chiara Lamberti, “La politica del vangelo (II). Cristiani e potere, quale relazione?” (19/9/2025)
Lucia Stelluti, “La politica del vangelo (III). L’intervista al Senatore Lucio Malan” (26/9/2025)
Daniele Mancini, “La politica del vangelo (IV). Pensiero sobrio e respomsabilità differenziate” (30/9/2025)