I rischi di sovrapporre fede cristiana e agenda politica

 
 

Nel dibattito pubblico contemporaneo, il rapporto tra fede e politica è una questione sempre più centrale e spinosa. Prendo spunto da un'attenta analisi di David Brooks in un editoriale del New York Times del 25 settembre, per una riflessione sul rischio di una fusione acritica e pericolosa tra la sfera spirituale e quella partitica/politica.


Brooks non si chiede se la fede debba avere un ruolo pubblico—storicamente lo ha sempre avuto, fornendo le basi morali per la democrazia—ma come debba manifestarsi per non snaturare se stessa e la politica.


L'autore osserva una tendenza crescente a mescolare in modo "caotico e disordinato" il messaggio cristiano con l'agenda di una specifica fazione politica. In questa fusione, non è più chiaro se si stia evangelizzando per Gesù o facendo campagna elettorale per un partito. La preghiera si alterna allo slogan politico, l'amore per i nemici alla demonizzazione dell'avversario.



Per illustrare una relazione più sana, Brooks richiama il pensiero del teologo e statista olandese Abraham Kuyper e la sua "teoria delle sfere". Secondo Kuyper, la società è composta da diverse sfere (famiglia, chiesa, stato, educazione, ecc.), ognuna con una propria logica e autorità, sotto la sovranità ultima di Dio. I problemi sorgono quando si importa lo stile cognitivo ed emotivo di una sfera in un'altra: per esempio, quando l'approccio estatico e devozionale del culto religioso viene applicato alla prosaica e pragmatica arena politica, che richiede invece moderazione e negoziazione.



Quando fede e politica vengono fuse senza una teoria coerente che ne regoli il rapporto, Brooks identifica sei conseguenze devastanti:



(i) La politica diventa guerra spirituale: la competizione elettorale si trasforma in una battaglia apocalittica tra le forze del bene e quelle di Satana, dove la paura rimpiazza la speranza cristiana.

(ii) La formazione morale viene pervertita: invece di essere discepolati alle virtù cristiane (fede, speranza, amore), i credenti vengono formati alle passioni politiche: inimicizia, brama di conquista e dominio.

(iii) Si sviluppa una dipendenza dall'estasi: la ricerca dell'esperienza emotiva intensa, tipica di certa musica di adorazione moderna, rende inadatti alla sobrietà e al compromesso necessari per una politica sana.

(iv) Prevale un sincretismo distruttivo: si crea una miscela tossica che fonde la fede in Gesù con l'ideologia politica, come il MAGA. Il sincretismo è sempre un fenomeno in cui elementi di dottrine diverse, talvolta inconciliabili, vengono fusi insieme. Questo politicizza la fede e assolutizza la politica.

(v) Si genera molta ipocrisia: si predica una religione di amore e pace, ma si vive praticando l'esatto contrario nell'arena pubblica.

(vi) Si sottovaluta la potenza del peccato: a differenza di altri movimenti - come quello per i diritti civili - che avevano una teologia più o meno consapevole della peccaminosità umana e imponevano limiti all'azione politica (contro l'odio, l'auto-giustificazione, l'amore per il potere), questa fusione non pone freni, lasciando che il peccato dilaghi senza controllo.



Il pericolo non è una finta religiosità usata per fini politici. Il problema è un fervore religioso genuino che, unito a una faziosità sfrenata, crea una "miscela incredibilmente combustibile". Un percorso che rischia di portare i credenti "molto lontano dalla croce".