Il “gran finale” di Downton Abbey e le dinamiche dei cambiamenti

 
 

Si intitola proprio così, il “gran finale”, l’epilogo della serie britannica Downton Abbey, da pochi giorni nelle sale cinematografiche. Uno di noi ha seguito la serie negli anni, entrando nelle vicende del conte e della contessa Crawley e della loro famiglia, tutte ruotanti intorno al castello di Downton Abbey. L’altro l’ha osservata a distanza in modo sporadico e col filtro del coniuge, non resistendo però al fascino di vedere come andasse a finire.


Il gran finale non riserva sorprese né colpi di scena. Dopo 15 anni dall’inizio della serie, canovaccio rimane lo stesso. Si tratta del racconto del declino dell’aristocrazia britannica è intrecciato alla narrazione della fine di un mondo: quello della nobiltà con i suoi riti, dei privilegi ereditati con le sue rendite, dei valori tradizionali proclamati a voce ma non vissuti concretamente.

Downton Abbey si era aperta con il disastro dell’affondamento del Titanic (1912), preso come simbolo di un mondo che stava per andare in frantumi. Tutta la serie è stata una costellazione di storie e micro-storie che riflettono il declino in corso. Il Titanic era solo un avvertimento di quello che sarebbe accaduto di lì a poco a tutte le certezze dell’aristocrazia. Nel 1918 Oswald Spengler avrebbe scritto Il tramonto dell’Occidente


Nella serie, alla fine il conte e la contessa Crawley devono vendere tutte le proprietà (ma non Downton Abbey) per sopravvivere in un’economia di mercato sfuggita al controllo del sistema delle rendite. Gustosa è la scena in cui i conti vanno a vivere in un “appartamento” (!) a Londra, lasciando il castello circondato da un parco e dovendosi abituare a spazi ristretti e ad avere “vicini di casa” che fanno rumore. 


Eppure, visto da un’altra angolatura, la fine di un mondo può essere vista come l’inizio di uno nuovo. Nella serie emergono i protagonismi di persone senza blasone nobiliare che “osano” fare cose prima a loro impedite. I “servi” acquistano soggettività sociale e non stanno più zitti. Prorompenti sono le iniziative redditizie della borghesia cittadina che soppiantano quelle vetuste e decadenti dei nobili.

Sullo sfondo, fa irruzione della cultura pop americana con la sua freschezza che incrina le tradizioni britanniche paludate, ma anche le giravolte dell’economia di mercato che fa arricchire o impoverire in poco tempo. Da un punto di vista dei costumi, emergono divorzi, relazioni extra-matrimoniali ed omosessuali che sarebbero state coperte nel vecchio mondo, ma che nel nuovo vengono a galla e diventano parte della vita “normale”. 


Ecco, il tema di fondo di Downton Abbey è la fine di un mondo e l’inizio di uno nuovo: la transizione tra un assetto sociale ed istituzionale ad uno diverso. Non tutto cambia nettamente e definitivamente, ma niente rimane come esattamente come prima. Per quanto i nobili siano fiaccati economicamente, i loro titoli non sono persi e nemmeno l’aura che li circonda.

Le loro proprietà sono ridimensionate ma non perse del tutto. Il mondo nuovo, per quanto diverso, mantiene le tracce del vecchio con le sue strutture sociali radicate. E poi, la velocità dei cambiamenti procede lentamente e a strappi. In un senso tutto cambia, in un altro poco cambia. Il cambiamento sembra essere più di grado che di sostanza.


La serie Downton Abbey si chiude narrativamente nel 1926. A distanza di un secolo, la monarchia britannica esiste ancora, così come la nobiltà di quel Paese. Il mondo è cambiato molto, ma alcuni suoi presìdi no. 


In fondo, si tratta di un tema sapienziale che troviamo nell’Ecclesiaste: non c’è niente di nuovo sotto il sole, anche se tutto sembra modificarsi (1,9-10). I cristiani sanno che solo con la sapienza biblica si possono affrontare i cambiamenti: senza idolatrarli, senza temerli, ma affrontandoli con fede, speranza e carità.

Solo con la sapienza biblica, non siamo condannati ad essere “conservatori” della tradizione, né “progressisti” smaniosi di novità, ma interpreti di quel rinnovamento della mente innescato dalla grazia che onora la vita creata con le sue strutture buone anche se acciaccate dal peccato, e si apre alla novità del regno di Dio inaugurato da Cristo aspettando la sua completa realizzazione.

Quella sarà un vero “gran finale”. La monarchia britannica forse potrà crollare e il suo mondo simbolico di riferimento modificarsi: solo il regno di Dio non potrà essere scosso (Ebrei 12,28)!