Dio è conservatore? No, ma neanche progressista

 
 

Le Giornate teologiche su “La politica del vangelo” da poco concluse all’IFED di Padova hanno toccato un nervo scoperto e sensibile del mondo evangelico. È necessario avere luoghi di pensiero dove sviluppare una riflessione biblica capace anche di farsi carico del tema politico. 

A Giornate teologiche in corso, dall’altra parte del mondo ma con ricadute mediatiche anche da noi, è scoppiata la polemica sull’assassinio di Charlie Kirk, attivista politico di fede evangelica molto attivo sulla scena politica americana, soprattutto tra i giovani. Durante uno dei suoi eventi pubblici in un’università dello Utah, Kirk è stato colpito da un cecchino che ha stroncato la sua giovane vita.

Il clamore suscitato da questa tragedia ha registrato reazioni contrastanti: c’è chi ha parlato di un “martire” della fede e di un apologeta del cristianesimo, c’è chi ne ha invece sottolineato la partigianeria politica a favore di Trump. Uno dei problemi, sembra, è che Kirk era entrambi: un coraggioso difensore della fede cristiana e un attivista politico dell’ideologia del MAGA. C’è chi ha visto ora l’uno, ora l’altro. C’è anche chi ha visto tutti e due i profili di Kirk. 

Non seguivo Kirk e non sono particolarmente addentro a questioni americane. Per questo ho seguito con interesse una conversazione pubblica sull’accaduto, tenuta al Southern Baptist Theological Seminary e animata dal suo presidente Al Mohler, insieme a tre docenti di quella Facoltà di teologia battista. Evidentemente, la reazione emotiva di shock ha impattato il mondo studentesco da rendere necessaria l’apertura di spazi e momenti di confronto e condivisione.


Il punto che volevo verificare era come questi teologi evangelici avrebbero approcciato, al netto della denuncia dell’orribile delitto contro un inerme figura pubblica e del clima di violenza e scontro che si respira nel dibattito politico americano, l’intreccio tra fede cristiana e identificazione con la battaglia politica conservatrice. In alcuni ambienti anche evangelici, esse sono spesse identificate, non-distinte e confuse tra loro.

Ecco alcune affermazioni ascoltate dall’eticista Andrew Walker, presente al panel, cui seguiranno brevi commenti.


“Le idee politiche non sono neutrali”

Giusto. Dio Padre è signore di tutto e di tutti. Ogni autorità è stata a Cristo ed è esercitata da Lui. O si è con Lui o contro di Lui. Dunque, la politica non è uno spazio neutro rispetto alla visione del mondo che si ha e che si promuove. Tutta la vita accade sotto la signoria del Dio uno e trino: o in un rapporto di alleanza rotto o in una relazione di alleanza ristabilita grazie a Cristo. Non bisogna essere ingenui: la politica è uno dei campi di scontro tra visioni diverse, nessuna delle quali è neutrale rispetto a Dio. 


“Il cristianesimo non battezza il conservatorismo”

Quest’affermazione di Walker non era scontata. Lui e gli ambienti evangelicali in genere sono vicini se non integrati all’ambiente conservatore della politica americana. Votano repubblicano e, con distinguo vari, hanno votato Trump. Eppure, Walker ha la lucidità teologica di dire che il cristianesimo non è il conservatorismo politico e vice versa. Non sono la stessa cosa. Un conto è la fede biblica professata e vissuta, un altro è la politica che risponde ai principi del conservatorismo americano.

Molti evangelici sono politicamente conservatori negli USA, ma non c’è un rapporto organico di sovrapposizione necessaria. In altre parole, votare repubblicano non è un test di ortodossia della fede.  Forse questo punto non era chiaro nell’attività di Kirk: nelle sue iniziative e nel suo linguaggio, la fede cristiana e il nazionalismo americano apparivano sullo stesso piano (o quasi).


“Alcuni principi metafisici del progressismo sono malvagi”

In questa frase, Walker sembra fare riferimento al fatto che l’ideologia progressista vuole decostruire importanti capisaldi della legge morale di Dio che sono riconosciuti nella costituzione americana: l’umanità creata di uomini e donne, la famiglia basata sul matrimonio, la difesa della vita nascente e morente.

A questi presidi, l’ideologia progressista vuole sostituire il gender e trans-gender, la liquefazione degli impegni famigliari, l’aborto e l’eutanasia on demand. Questo è tristemente e tragicamente vero. Ciò spiega perché molti evangelici sono politicamente conservatori e temono il progressismo come ideologia distruttrice. 


Qui si è fermato Walker. Forse, dopo aver detto che il cristianesimo non battezza il conservatorismo, avrebbe potuto spendere più parole nello spiegare il senso della frase nel contesto attuale: ad esempio dire:


  1. Non tutte le battaglie del conservatorismo americano sono questioni di fede o ugualmente importanti. 

  2. La fedeltà al vangelo non si misura con il sostegno acritico a tutte le politiche dell’amministrazione attuale né di nessun governo. Il vangelo invita sempre alla distanza profetica dal potere politico. 

  3. Si possono difendere i valori giudaico-cristiani iscritti nella costituzione americana senza avere la visione ideologica, tendente all’idolatrico, del MAGA

  4. La concentrazione ossessiva sul conservatorismo attuale rischia di creare un asse “cristiano” che non distingue più tra cattolici, evangelici, ortodossi, mormoni, testimoni di geova: se il conservatorismo diventa la religione unificante della destra, che ne è delle differenze teologiche che sono spiritualmente primarie?

Fuori dagli USA è difficile comprendere appieno ciò che sta succedendo. Nel clima di scontro attuale, non tiriamo Dio per la giacchetta: Lui non è né conservatore, né progressista. Lui è il Signore della vita e della morte, degli stati e delle economie, della politica e delle leggi, dei popoli e delle famiglie. A noi è chiesto di “non conformarci a questo mondo” ma di rispondere responsabilmente all’evangelo mediante il rinnovamento del pensiero e dell’azione (Romani 12,1-2). Non è facile per nessuno. Alle Giornate teologiche su “La politica del vangelo” abbiamo provato a farlo.