Chiesa sinodale? Forse ma il primato di Pietro non si tocca

 
 

Correva l’anno 1995 e il papa di allora, Giovanni Paolo II, scriveva l’enciclica Ut unum sint dicendo di essere disponibile a cercare e trovare “una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova” (n. 95). In precedenza, aveva affermato che Dio ha costituito il successore dell’apostolo Pietro quale “perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità” (n. 88). Per il papa, l’unità cristiana si realizzerà “quando tutti parteciperanno alla pienezza dei mezzi di salvezza che Cristo ha affidato alla sua Chiesa” (86), dove per chiesa è da intendere la chiesa cattolica che rivendica la “pienezza degli strumenti di salvezza”. Alla luce della riproposizione della versione tradizionale della concezione cattolica del papato, risultava difficile capire ad un non cattolico cosa significasse cercare “forme” nuove per l’esercizio del primato quando la sostanza dello stesso non poteva essere assolutamente alterata.

Correva l’anno 2013 e papa Francesco scriveva l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium. In essa scriveva che “anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale” (n. 32). In quelle parole si creava un’aspettativa addirittura di “conversione” che, nel significato biblico, vuol dire cambiamento radicale ed inversione di rotta. Alcuni osservatori esterni al mondo cattolico potevano aspettarsi qualche modifica strutturale del papato.

Sono passati quasi trent’anni dalle parole di Giovanni Paolo II e dieci anni da quelle di Francesco. Negli ultimi tempi, papa Francesco ha introdotto la parola magica “sinodale” nel dibattito interno della chiesa cattolica. Da allora si è aperta una discussione su cosa voglia dire una chiesa “sinodale”. La prima parte del Sinodo si è appesa conclusa e, a dire il vero, non ha chiarito alcunché. Sinodale vuole dire qualche cambiamento di facciata nel rendere un po’ più orizzontali i processi decisionali che sono stati costruiti in modo verticale? Sinodale vuole dire qualche spruzzata di partecipazione dei laici senza cambiare la struttura gerarchica della chiesa? Sinodale significa usare il linguaggio del rinnovamento senza intervenire sui nodi dogmatici della chiesa di Roma?

In attesa di ricevere chiarimenti su cosa voglia dire “chiesa sinodale”, ecco un indizio sui possibili cambiamenti sinodali del papato. A Sinodo in corso, è stato tenuto a Roma un convegno di teologi cattolici dal titolo programmatico: “Fermo restando il primato della cattedra di Pietro: l’esercizio del ministero petrino in una Chiesa sinodale”. Efficacissimo il titolo: “fermo restando il primato della cattedra di Pietro”. Qualunque cosa “sinodale” voglia dire, tutto può muoversi tranne il primato di Pietro che deve stare “fermo”. Sembra che tutto possa entrare nella dinamica sinodale (diaconato femminile, accettazione della comunità lgbtq+, idea di chiesa come tenda aperta dove tutti sono “fratelli”, ecc.) fatto salvo il papato che rimane intoccato. 

C’è da chiedersi: e allora? Dopo fiumi di libri, discorsi, convegni, sinodi, ecc., dopo tutto il polverone suscitato dalla “sinodalità” che avrebbe dovuto cambiare volto alla chiesa di Roma e rivoltarla come un calzino, la realtà è che la chiesa di Roma non cambia nelle sue strutture portanti. Anche nella stagione sinodale, il papato resta fermo nella sua architettura fondamentale: la cattedra di Pietro con i suoi addentellati riguardanti il primato, l’infallibilità, il verticismo, il vicariato di Cristo. 

Roma è cattolica ma è anche romana. Mentre si apre alla sinodalità (cattolica) rinforza il papato (romano). Si illudono pertanto coloro che pensano che la sinodalità sia sinonimo di evangelicità. Essa sembra essere una modalità della cattolicità che, mentre elasticizza alcuni aspetti, non tocca quelli decisivi.