Il Sud, l'Italia e la "sindrome De Luca"

 
 

O direttamente o tramite l’esilarante imitazione di Crozza, Vincenzo De Luca è diventato un personaggio nazionale. De Luca è presidente della Regione Campania dal 2015, già sindaco di Salerno, oltre che essere stato deputato dal 2001 al 2008 e viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del governo Letta: un politico di lungo corso, un abile amministratore e un comunicatore a suo modo efficace. 

La sua notorietà non è dovuta solo alla sua carriera politica, ma anche dal suo colorito modo di comunicare. Anche questa volta non è passato inosservato e ha fatto parlare di sé, non però per l’insulto al malvivente di turno o ai giovani tatuati, ma per la sua intervista a Fabio Fazio a “Che tempo che fa” (22/10/2023). L’occasione è stata quella di presentare il libro Nonostante il PD edito da Piemme, in cui il Governatore ha spiegato le ragioni politiche del libro. Il titolo è già un programma, perché apertamente De Luca critica dall’interno il suo partito, il PD, e lo vede come avviluppato in una fase discendente, senza programmi, dominato da correnti in perenne lite tra loro. Eppure, De Luca pensa che il PD sia ancora l’unico partito in Italia in grado di dare voce ai più deboli, se solo avesse un pensiero politico-programmatico e un’unità d’intenti.

Nell’intervista, oltre a condividere problemi e difficoltà che sono sotto gli occhi di tutti nel mezzogiorno d’Italia, De Luca non ha espresso idee politiche, non ha promosso un pensiero che potesse dare una prospettiva futura. E’ stato efficace nel criticare, ma molto meno nel costruire, al di là di qualche slogan più o meno suggestivo. Ad esempio, per il Governatore, la Campania è sempre l’ultima perché non riceve i fondi, non ci sono investimenti in spesa pubblica pro-capite, non c’è investimento in sicurezza… Lamentele. E’ colpa di questo. E’ responsabilità dell’altro.

La raffigurazione della realtà è presto detta: il Sud vorrebbe crescere ma non può perché altri (leggi: il governo) non stanno facendo il loro lavoro, i fondi sono bloccati, la burocrazia strangola ogni progetto. E’ colpa degli incompetenti, dei camorristi, dei decerebrati, dei fannulloni, degli sperperatori di risorse pubbliche, … De Luca vorrebbe ma non può, potrebbe ma non è messo nelle condizioni. Sta di fatto il Governatore appare aggrovigliato nel suo piccolo mondo, apparentemente molto complicato, che aspetta che arrivi la soluzione ai problemi da fuori, dall’alto, senza mettersi in discussione veramente e cambiare. E pensare che De Luca è in politica da decenni e ha avuto anche responsabilità nazionali: mentre critica dovrebbe fare auto-critica. Invece no.

Il Governatore sbraita contro le ingiustizie, urla contro chi commette errori, si muove come battendo l’aria (per usare una metafora paolina) e pretende che altri risolvano i suoi di problemi. Non è forse questo il modo comune di affrontare i problemi? Non è forse questo l’atteggiamento che si registra quando si parla di temi che toccano il lavoro, la famiglia, la scuola? Quante volte siamo noi “De Luca”?

Ciò che mi ha colpito in questa intervista è che, se è vero che la politica è immagine e somiglianza dei suoi elettori, allora il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, è la sintesi incarnata e incartata di una cultura diffusa in Italia e specialmente nel Mezzogiorno: essa è caratterizzata da attendismo, incertezza, pigrizia, refrattarietà al cambiamento, impassibilità davanti alle opportunità che potrebbero cambiare il corso delle cose, una certa repulsione di fronte al cambiamento. E poi, lamentele e attribuzioni di responsabilità agli altri. Lo schema di gioco è questo: 1. abbiamo un problema, 2. La colpa è degli altri; 3. Intanto ci lamentiamo e insultiamo. 

La “sindrome di De Luca” è molto diffusa. Essa dice che noi siamo i migliori, i più furbi ed intelligenti. Il problema sono gli altri e per questo vanno denigrati in modo sarcastico. Intanto non molto cambia se non far crescere il tasso di rabbia e di scurrilità del linguaggio pubblico. Parafrasando il titolo del libro, nonostante De Luca, sono altri i modelli di impegno politico di cui la Campania, il Mezzogiorno e l’Italia avrebbero bisogno. Non un anti-De Luca qualunque che riproduce la stessa matrice culturale, ma donne e uomini rinnovati dall’evangelo e che vivono una vocazione politica riformata dallo stesso e che siano guariti dalla “sindrome De Luca”.