Da Francesco a Leone. Spunti di fine/inizio papato

 
 

Le transizioni nella leadership sono sempre momenti delicati, a maggior ragione quelle che accadono in istituzioni millenarie e globali come la Chiesa cattolica. Visto che nel 2025 è finito un papato “movimentato” come quello di Francesco ed è iniziato quello di Leone che ancora deve mostrare il suo timbro specifico, è utile leggere le analisi di uno studioso come Alberto Melloni nel suo ultimo libro Ex post. Il conclave di papa Leone XIV, Bologna, Marietti1820 2025.


Melloni è uno storico della chiesa di vaglia, sempre attento a leggere le dinamiche del passato remoto e recente con un occhio alla contemporaneità. In questo pamphlet esamina la fase finale del regno di Francesco: quella che va dall’ultimo ricovero in ospedale da cui il papa non si è più veramente ripreso, passando dalla morte, le esequie, i novendiali, la messa pro eligendo romano pontefice e l’elezione di Leone ad opera del conclave.


Notando come il crepuscolo del papato di Francesco si sia caratterizzato dal contrasto tra il messaggio del pulpito all’insegna della fraternità e della misericordia e l’esercizio del potere svolto con impulsività, ruvidezza e tratti dittatoriali, la domanda è: quanto Francesco ha preparato l’elezione di Leone? 


Non in modo plateale e “pubblico”, ma si può comunque dire che “Prevost è l’ultimo atto del pontificato di Bergoglio, che si è speso per favorirlo nella sua successione” (148). In tempi non sospetti, ma comunque sufficienti per attivare la strategia della salita, Francesco lo ha chiamato a Roma dal Perù, gli ha affidato il potente ruolo di Prefetto del Dicastero dei vescovi, lo ha creato cardinale … insomma lo ha fatto arrivare in tempo per farlo diventare tra le più conosciute personalità dentro il collegio cardinalizio.

 

Non è un caso che la folgorante carriera di Prevost in Vaticano avviene dopo la morte di Ratzinger a fine 2022, momento in cui inizia la fine del pontificato di Francesco e tempo in cui Bergoglio si sente più “libero” di pensare al futuro, non avendo più intorno la presenza silenziosa ma ingombrante del papa emerito.


Melloni dissente dalla semplificazione del gesuita Antonio Spadaro secondo alla “inquietudine” del papato di Francesco sia seguito il “pensiero sistematico” di Leone (160). Sono categorie interpretative troppo nette e contrapposte. La differenza tra i due è sotto gli occhi di tutti, ma Prevost non si è ancora posizionato in modo stabile rispetto a chi lo abbia ritenuto un figlioccio di Francesco o un alter ego del papa precedente. 


Leone non ha ancora chiaramente espresso quale sarà la cifra del suo regno. Melloni attende il dipanarsi del pontificato lungo tre linee: l’eredità di Francesco, le urgenze del governo (le nomine ai vertici della curia) e i nodi del futuro.


Cosa farà Leone della “povertà” così tanto evocata da Bergoglio? Come interpreterà la “misericordia” che Francesco ha elevato a simbolo del suo magistero verso tutti, anche quelli che vivono con stili irregolari? Come porterà avanti la condanna al possesso delle armi atomiche che ha messo in archivio la tradizionale giustificazione cattolica della “guerra giusta”? Spingerà ancora la denuncia alla cultura dello “scarto”, contro il turbo capitalismo e l’aumento delle diseguaglianze nel mondo? Che dire della sinodalità e della fraternità universale per cui Francesco si è speso fuori e dentro la sua chiesa?


Per Melloni, questi sono i capitoli del pontificato di Bergoglio che Leone si è trovato sul tavolo e su cui dovrà decidere che farne. Inoltre, per lui le questioni aperte davanti al cattolicesimo riguardano principalmente i meccanismi della trasmissione della fede che si sono inceppati. Dal secondo Novecento in avanti, le società plasmate dal cattolicesimo hanno registrato la crisi dei processi di educazione, formazione e fidelizzazione alla chiesa che avevano plasmato i secoli precedenti. 


Oggi, la pratica, o meglio, la fede cattolica si perde da una generazione all’altra e si riduce ai riti di passaggio (nascita e morte) e qualche momento intermedio (festività), senza più impattare in profondità le vite. Questa è la questione aperta più rilevante che incombe sul pontificato di Leone. Melloni non mette in discussione la natura del cattolicesimo come religione “di popolo” e non di credenti. Il cattolicesimo vuole essere la religione di “tutti” (credenti, diversamente credenti, miscredenti, non credenti) invece di rispondere fedelmente al messaggio evangelico secondo c’è la via larga che porta alla perdizione e quella stretta che porta alla vita. Roma vuole una via sola (la sua) inclusiva di tutti. Potranno esserci accenti diversi da Francesco a Leone, ma la musica non cambierà.