Dalla Corea del Nord all'Africa. Quali azioni per garantire la libertà religiosa?

 
 

La World Watch List 24 pubblicata da Open Doors/Porte Aperte, organizzazione evangelica che monitora le persecuzioni dei cristiani nel mondo, conferma purtroppo un quadro allarmante per la libertà di culto. Su 195 paesi considerati, 365 milioni di cristiani a livello globale subiscono alti, molto alti o estremi livelli di persecuzione.

In cima alla classifica troviamo ancora una volta la Corea del Nord, Paese-simbolo di un regime totalitario che tollera solo un culto imposto. Seguono Somalia, Libia, Eritrea, Yemen, Nigeria, Pakistan, Sudan, Iran e Afghanistan … per citare i primi dieci. A emergere è la sistematica violazione dei diritti umani fondamentali in zone di conflitto o a regime dittatoriale, dove essere cristiani può costare addirittura la vita.

Di fronte a questa drammatica evidenza, cosa chiedere con forza alla comunità internazionale? In che modo adoperarsi concretamente per sostenere la libertà religiosa? Quali sono le azioni richieste?

Di fronte a questa drammatica evidenza, è fondamentale chiedere con forza alla comunità internazionale di adoperarsi in modo concreto per sostenere la libertà religiosa. Ma quali azioni possono essere intraprese?

Innanzitutto, è necessario esercitare pressioni diplomatiche costanti sui governi affinché rispettino gli accordi in materia di diritti umani. Questo può includere l'applicazione di sanzioni mirate contro coloro che sono responsabili delle persecuzioni, al fine di inviare un chiaro segnale che tali violazioni non saranno tollerate. 

Inoltre, è cruciale offrire protezione legale e asilo ai perseguitati, che spesso si trovano costretti a cercare rifugio in Paesi confinanti. Ciò richiede un impegno concreto nel creare meccanismi efficaci per accogliere e integrare le persone che fuggono dalla persecuzione religiosa, garantendo loro sicurezza e dignità.

Sostenere economicamente e logisticamente le comunità cristiane che vivono in condizioni precarie è un altro punto cruciale. Tale sostegno può contribuire a rafforzare la loro resistenza pacifica e a garantire la loro sopravvivenza in situazioni difficili. 

Promuovere una cultura della pluralità e del dialogo è altrettanto importante. Questo implica contrastare la propaganda e i discorsi d'odio che alimentano le tensioni tra diverse fedi. L'obiettivo è favorire la comprensione reciproca, la tolleranza e la coesistenza pacifica tra le diverse comunità religiose.

L'educazione gioca un ruolo fondamentale nel plasmare le nuove generazioni e nel difendere le libertà fondamentali. È essenziale investire nell’istruzione soprattutto nelle aree a rischio, per fornire una formazione che promuova i valori di tolleranza, rispetto e uguaglianza, riducendo l'influenza delle ideologie radicali e violente.

Infine, è indispensabile monitorare costantemente le situazioni locali, anche quelle apparentemente marginali, e denunciare sistematicamente violazioni, abusi e torture. Questa vigilanza costante è fondamentale per far emergere la verità, rendere gli autori responsabili delle loro azioni e garantire che non rimangano impuniti. 

Si tratta comunque di azioni di non facile realizzazione e di incerta efficacia, rivolte a contesti e scenari molto distanti dai nostri. Nelle democrazie occidentali si assiste infatti a un progressivo allontanamento – anche se a velocità variabili - dalle strutture religiose un tempo dominanti. La separazione tra Chiese e Stato viene in genere considerata una condizione fondamentale per garantire la libertà religiosa e al contempo preservare l'indipendenza delle diverse confessioni religiose. I cittadini, cioè, hanno diritto a un governo religiosamente neutrale, secondo il quale le confessioni religiose dovrebbero essere libere di elaborare e plasmare le proprie convinzioni e lo Stato - per quanto possibile - dovrebbe essere imparziale rispetto alle rivendicazioni religiose.

Il prezioso lavoro[1] di organizzazioni come Porte Aperte ci ricorda che, purtroppo, ancora oggi ci sono diversi ambiti di intervento e di preghiera che richiedono la nostra attenzione e la nostra preghiera: la libertà di religione[2], il divieto di discriminazione[3] basata su motivi religiosi e il diritto di tutti[4] (inclusi i membri delle minoranze religiose) di professare la propria religione.

Solo unendo le forze a livello globale sarà possibile fare pressione sui governi liberticidi e proteggere concretamente i cristiani e le minoranze religiose perseguitate. La libertà religiosa e diritti umani devono essere una priorità sia nelle agende internazionali, sia nelle prospettive locali o nazionali.

L’auspicio è che a livello politico, l'UE e le principali democrazie occidentali parlino con una sola voce per difendere i valori di libertà religiosa nelle sedi istituzionali internazionali, a partire dall'ONU. E allo stesso tempo vigilando perché le normative interne dei vari Paesi tutelino a tutti i livelli il diritto di professare liberamente la propria fede. 

Ciascuno di noi può contribuire sensibilizzando l'opinione pubblica e offrendo sostegno concreto alle organizzazioni impegnate in prima linea nella difesa dei cristiani perseguitati e della libertà religiosa. La strada verso il riconoscimento delle diversità e delle pluralità, all'interno della quale la religione è considerata una parte essenziale della dignità umana sancita nei diritti fondamentali di ogni individuo, è ancora lunga. La World Watch List di Porte Aperte è una conferma tangibile di queste sfide.

[1] Cfr con Advocacy Report, p. 20 in https://www.opendoors.org/en-US/2024-advocacyreport/

[2] La libertà di religione è un diritto fondamentale che garantisce a ogni individuo il diritto di professare, praticare e manifestare liberamente la propria religione o le proprie convinzioni. Questo diritto comprende la libertà di aderire a una religione o di cambiarla, di pregare, di celebrare riti religiosi, di diffondere la propria fede e di educare i propri figli secondo i valori religiosi. La libertà di religione implica anche il diritto di non essere costretti a seguire una religione o a praticare una fede contro la propria volontà.

[3]Il diritto internazionale già vieta la discriminazione basata sulla religione o le convinzioni religiose. Questo significa che nessuno può essere oggetto di trattamento ingiusto o svantaggiato a causa della sua religione o credo. Tutti devono essere trattati in modo equo e uguale, indipendentemente dalla loro religione o convinzioni. La discriminazione religiosa può assumere varie forme, come l'esclusione dall'accesso all'istruzione, all'occupazione, alla partecipazione politica o a servizi pubblici a causa della propria religione.

[4]Questo significa impegnarsi per il pieno riconoscimento del diritto delle persone appartenenti a minoranze religiose di professare e praticare la propria fede liberamente, senza discriminazioni o interferenze.