Discepolato per giovani “Iron man” (III). Senza cultura evangelica saremo sballottati

 
 

Se il sogno adolescenziale di essere come Iron Man può apparire assurdo e lontano, il progetto Neuralink di Elon Musk mostra che esso sia vicino. Da poco l’azienda ha avviato le sue sperimentazioni su pazienti umani e c’è chi sostiene che, invertendo il processo, le informazioni normalmente acquisite in anni di studio potrebbero essere inserite nel nostro cervello in una sola volta, con ricadute etiche enormi.

Sul potere trasformativo della tecnologia e sulla loro capacità di definire i nostri valori hanno scritto in molti e pare sempre più evidente la radicalità di tale potere se arriva a toccare il senso stesso di ciò che è umano.

È importante in una prospettiva pastorale riconoscere che la visione del mondo è l’insieme delle credenze che regolano e formano non solo i pensieri ma anche i comportamenti umani e sociali (vedi voce Dizionario di teologia evangelica, 2007). Perciò le pratiche promosse attraverso il discepolato di giovani e bambini sono di estrema importanza quali espressioni concrete di una fede solida e contro-culturale che è in grado di resistere alle convenzioni culturali scardinandone le regole e rifondandole; un discepolato che abbatte gli idoli e riorienta la sua vita al servizio di Dio.

Al potere trasformativo della tecnologia la Scrittura contrappone il potere trasformativo dell’Evangelo che afferma la precedenza del cuore sulle azioni e il bisogno di discipline spirituali ed ecclesiali che strutturano e curano l’individuo e la comunità redenta. La Riforma ha dato grande valore ai “mezzi di grazia” quali strumenti stabiliti da Dio per suscitare la fede ma anche per consolidarla e santificarla. Tra questi oltre alla predicazione della Parola e gli ordinamenti del battesimo e della cena, ci sono anche la preghiera, il servizio, l’evangelizzazione e la vita comunitaria. Tutte queste discipline sono certamente pratiche che contraddistinguono la chiesa e che dovremmo tenere in grande considerazione nel discepolato giovanile e non solo, e potremmo aggiungere a queste altre più specifiche altrettanto capaci di stimolare, modellare e fortificare la vita del discepolo (si veda P. Bolognesi, La libertà della disciplina, Marchirolo, EUN 1994).

Le pratiche tecnologiche più comunemente diffuse chiamano in causa alcuni elementi essenziali della fede cristiana come la responsabilità, il discernimento cristiano, la comunione fraterna e non da ultimo la giustizia sociale e perciò sfidano anche le discipline spirituali e le pratiche familiari e di vita ecclesiale.

Ad esempio, l’uso sempre più diffuso dell’IA nell’approccio alla Scrittura ha sminuito una pratica cristiana estremamente formativa come la memorizzazione. Inconsapevolmente crediamo che la memoria elettronica sia superiore o forse anche qualitativamente migliore di quella umana, ma abbiamo dimenticato un elemento fondamentale con cui la memoria organica interagisce continuamente, che è lo spirito. Perciò, la pratica della memorizzazione di parti della Bibbia dovrebbe giocare un ruolo strategico nel discepolato e avere un altissimo valore contro culturale. In questo modo aiuteremo i giovani discepoli a non delegare completamente alla tecnologia la propria conoscenza e interazione con la Parola di Dio, ma ad assumerne piena responsabilità, nella consapevolezza che la memorizzazione della Scrittura non è un semplice esercizio cognitivo o didattico ma uno strumento nelle mani di Dio per equipaggiarci, completarci e perfezionarci.

Come Tim Challies spiega molto bene nel suo libro La storia che verrà, Caltanissetta, Alfa&Omega 2012, affidare alla nostra memoria le Scritture non è semplice pragmatismo, ma è una disciplina che ci obbliga a meditare su di esse per poi viverle. Più le Parole di Dio riempiranno il loro cuore più saranno liberi dalla dipendenza e dalla schiavitù tecnologica, più esse li plasmeranno più le loro stesse parole e azioni saranno coerenti alla Parola (Luca 6,45; Salmo 119,9-16). Similmente e in senso ancora più ampio si potrebbe dire per l’uso diffuso di app come ChatGPT per trovare risposte ed elaborare testi su argomenti di ogni tipo (anche spirituali). Questi strumenti possono scoraggiare la pratica dello studio biblico personale e impedire lo sviluppo del discernimento spirituale soprattutto nei giovanissimi che ne hanno un’esperienza ingenua che rischia di diventare la loro opzione automatica. Avere il download della Bibbia sul proprio smartphone o in futuro direttamente nel proprio cervello non significherà averla nel cuore. La tecnologia non più come strumento ma come sostituto apre alla conseguenza molto più grave di sminuire l’opera dello Spirito Santo. 

Un’altra disciplina cristiana che può svolgere un grande ruolo contro culturale è l’esercizio dell’ospitalità verso i giovani e incoraggiata tra i giovani stessi. Qualcuno l’ha definita “la chiave dell’evangelizzazione per il XXI secolo”. I social network, la messaggistica istantanea, la videocomunicazione a distanza, il gaming collaborativo, il metaverso rendono sempre più difficile la pratica dell’ospitalità e per i giovanissimi questi sono i mezzi più comuni di interazione. La Scrittura però ci mostra comunità cristiane contraddistinte da una comunione semplice, amorevole e generosa, personale e diretta, in grado di vedere i bisogni altrui dal vivo e sopperirvi. L’ospitalità potrebbe essere il marchio di questo secolo nel discepolato giovanile, ad esempio organizzando incontri periodici ospitati a turno nelle case delle famiglie e coinvolgendo le famiglie stesse nelle attività. Ma l’ospitalità dovrebbe essere anche vissuta in modo informale da tutta la chiesa coltivando occasioni continue per offrirla ai giovani, costruendo con loro relazioni dirette, gioiose e giocose, di fiducia e stima, di preghiera e ammaestramento. Alla cultura dell’isolamento che questa epoca postumana propone dobbiamo contrapporre e consolidare una cultura dell’ospitalità che sembra essere molto lontana dall’esperienza ma che nasce da un cuore che pone gli interessi dell’altro prima dei propri.

Infine, un terzo esempio che può apparire più distante all’orizzonte ma che chiama in causa la nostra vocazione alla regalità è l’aspetto della giustizia sociale. Se guardiamo alle tecnologie d’impianto, alle tecniche di medicina più avanzate e alla visione stessa che la medicina sta assumendo passando da “cura del malato” a “miglioramento del benessere” ci rendiamo presto conto che il futuro dell’avanzamento della specie umana non sarà per nulla inclusivo, ma piuttosto selettivo; non avrà di mira il bene dei molti, ma l’avanzamento di pochi. Nonostante questo futuro possa sembrare ancora piuttosto lontano, in realtà i nostri giovani ne fanno già esperienza diretta nelle sue forme basilari. Tutti, ad esempio, hanno osservato il digital divide durante la pandemia da COVID19 che ha escluso bambini e famiglie intere dall’accesso all’istruzione e alle cure sanitarie primarie. Molti lo sperimentano ancora in tutti quei casi in cui le famiglie non sono nelle condizioni di garantire ai propri figli tutto l’apparato necessario per “apparire” esseri umani tecnologicamente competenti e dotati (tablet, cellulari, droni, videogames, connessioni e profili svariati).

L’Evangelo ci offre un’immagine di benessere e giustizia molto diverso, che si fonda sulla grazia immeritata, sul bisogno di salvezza e guarigione di esseri umani privi di mezzi e volontà, soddisfatto da un Dio misericordioso, giusto e che non fa favoritismi, il quale entra nel vissuto concreto delle persone per correggerle, educarle, guarirle, sopperire ai loro bisogni spirituali e materiali. Le chiese devono essere comunità che promuovo una cultura e una giustizia differenti. Utili strumenti non solo di studio e discussione ma anche di diffusione tra i giovani sono le dichiarazioni evangeliche su questi argomenti. Ad esempio “Intelligenza artificiale: una dichiarazione di principi evangelica” (2019), Studi di teologia – Suppl. N. 19 (2021) potrebbe diventare per i giovani una specie di Manifesto o potrebbe ispirarne uno contestualizzato da condividere nelle loro reti, nei gruppi o da presentare nelle scuole (magari invitando a interagire un professionista evangelico nel campo della IA). Abbiamo bisogno di un discepolato che supera il livello personale per aprirsi a quello comunitario, che si fa pubblico e culturale, oltre che privato li aiuterà ad essere promotori e testimoni di una cultura diversa, quella biblica.

Al cuore della visione postumana c’è una profonda esigenza di avanzamento e potenziamento dell’essere umano e la Scrittura risponde a questo bisogno attraverso la redenzione di Gesù Cristo e la potenza dello Spirito Santo ed è compito della chiesa “rendere perfetto ogni uomo in Cristo” (Col 1,28).

Molte sono le sfide pastorali da affrontare e qui abbiamo provato a considerarne alcuni aspetti profetici (la conoscenza delle dottrine e della storia della chiesa), sacerdotali (la memorizzazione, lo studio e il discernimento biblico) e regali (la promozione della cultura evangelica e della giustizia sociale) di esse.

Questa breve e limitata analisi ha evidenziato quanto sia importante investire nel discepolato dei giovani credenti nel contesto familiare e della chiesa locale, affinché scoprano e siano in grado di indicare ad altri la strada per progredire davvero: non superando l’umano ma accettando la reale condizione umana di peccato, abbracciando per grazia l’unione con Cristo, non con la macchina, e re-imparando dalla Sua Parola a essere pienamente umani a immagine di Dio. 

Della stessa serie:
“Discepolato per giovani “Iron man” (I). Per l’IA ci vogliono dottrina e disciplina” (7/11/2023)
“Discepolato per giovani “Iron man” (II). Evitiamo la giovanilizzazione della chiesa” (14/11/2023)