Diversamente abili (II). Tre responsabilità per la chiesa

 
 

Tutti sono portatori dell’immagine di Dio e tutti hanno uguale dignità davanti a Lui. Siamo tutti “disabilitati” nella nostra relazione con Dio a causa del peccato. Solo in Cristo Gesù siamo riconciliati, e, in conseguenza a questa “ri-abilitazione”, le chiese sono chiamate a essere comunità realmente accoglienti, inclusive e di sostegno per chi chi è portatore di una disabilità.


Questi erano stati gli spunti di riflessione della prima serata promossa dalle chiese evangeliche Breccia di Roma sul tema “Diversamente abili. Chiese e comunità accessibili per vite integrate”, in cui sono stati approfonditi gli spunti di discussione presenti nel fascicolo “Disabilità”, Studi di teologia – Suppl. N. 22 (2024).


Nella seconda serata di mercoledì 5 novembre u.s., la riflessione si è concentrata invece sulle implicazioni della triplice responsabilità che la chiesa ha ricevuto di essere una comunità regale, sacerdotale e profetica (1 Pietro 2,9).


1. La responsabilità regale prende spunto dall’azione destrutturante e ristrutturante degli amici del paralitico che scoperchiano il tetto per dargli accesso a Gesù (Marco 2,3-5). Si tratta quindi di intervenire regalmente sugli spazi, gli ambienti e le modalità di incontro, rendendole adatte a tutti. Per estensione, la chiesa ha la responsabilità regale di agevolare, favorire e predisporre una reale partecipazione e integrazione nella vita della chiesa per tutti, diversamente abili inclusi. 


Alcuni spunti per favorire l’integrazione sono: la revisione della struttura architettonica e l’attuazione di prassi per eliminare barriere fisiche e sociali; l’accoglienza adeguata, il supporto tecnico facilitante la partecipazione, la lettura di testi a ritmo adeguato, la preparazione di materiali visivi, uditivi, tattili e sensoriali, ecc., per favorire la comprensione. La chiesa deve fare di tutto per migliorare l’accessibilità fisica, emotiva e cognitiva delle riunioni e della sua vita interna.


2. La responsabilità sacerdotale prende spunto da Marco 14,32-35 in cui Gesù chiede ai suoi amici di stargli vicino, di vegliare e di pregare con lui. Questi versi mostrano chiaramente che Gesù chiede la prossimità dei suoi amici in un momento di dolore. La chiesa è quindi chiamata ad un ministero di accompagnamento e trasformazione. Gesù ci chiama ad un amore sacrificale, di presenza e di intercessione. La comunità sacerdotale intercede, accompagna e si fa carico del prossimo. La chiesa prega insieme alle persone con disabilità, sta loro vicino nelle difficoltà, accompagna in progetti di vita personalizzati, condivisi, realistici e spiritualmente fondati, offre spazi di ascolto.


3. Infine, la responsabilità profetica ha ricordato il meraviglioso testo di 2 Timoteo 3,16-17 dove si afferma che “ogni Scrittura è ispirata da Dio”. La responsabilità profetica richiama a tre attività: insegnare, riprendere/correggere ed educare alla giustizia. Nello specifico dell’attenzione alla disabilità: 


- riguardo all’insegnamento/apprendimento, la sfida è comprendere come comunicare la verità di Dio a tutte le persone in modo adeguato e in modo che arrivi al cuore. Bisogna pensare a strategie di adeguamento e adattamento delle predicazioni, degli studi biblici, delle catechesi battesimali e dei percorsi di discepolato.


- quanto al riprendere/correggere, si tende a pensare che le persone portatrici di disabilità abbiano delle attenuanti (cioè sia giusto che venga richiesto loro meno in termini di comportamento o di etica cristiana) perché sono portatrici di qualche forma di sofferenza, stress e limitazione. La Scrittura però richiama tutti i credenti ad un’etica condivisa (come in 1 Pietro), dove non ci sono sconti o attenuanti derivanti dalla condizione di disabilità. Non tutta la chiesa è tenuta a correggere le persone con disabilità, ma solo le persone preposte che hanno una particolare vicinanza e relazione.


- quanto all’educare alla giustizia, siamo chiamati a creare una cultura di accoglienza e inclusione nel senso biblico del termine. La chiesa abbatte barriere perché è la Parola di Dio che lo comanda. Non ci sono distinzioni davanti a Dio. 


Le due serate sono state ricche di spunti per ulteriori prolungamenti. Suddivisi in gruppi, si è cercato di pensare a forme concrete di applicazione nel contesto dato. Come dice il Supplemento dedicato alla disabilità, “le sfide per rendere le chiese, le famiglie, le comunità dei luoghi accessibili non solo sul piano spaziale, ma soprattutto culturale, amicale, affettivo e spirituale sono enormi”. Il lavoro per sviluppare una cultura evangelica dell’accoglienza e dell’inclusione è appena iniziato.