Europa tra oggi e domani (III). Ma esiste un pensiero sociale evangelico europeo?

 
 

La crisi dell’Europa attuale è un impasto fatto di molti ingredienti: su tutti l’incapacità di coniugare in modo fecondo e condiviso l’unità del continente e la diversità dei suoi popoli. Quello dell’unità e della diversità è un problema perenne e sempre attuale. E’ un tema su cui coloro che professano la fede in Dio uno e trino dovrebbero avere qualcosa da dire. Infatti, solo il Dio biblico è insieme uno in essenza e tre persone (Padre, Figlio e Spirito Santo). La cultura che si ispira alla fede trinitaria non è legata alla ricerca di unità a spese della diversità, né alla valorizzazione della particolarità priva di collegamento unitario. Il pensiero trinitario è l’unico che può articolare una soluzione che non sia raffazzonata. Anche per un deficit di pensiero trinitario, l’Europa non sa ancora se è una o molti e non ha ancora trovato il modo di armonizzare l’unità e la diversità.

Alla decima edizione del “Forum sullo stato dell’Europa” tenuto a Parigi (6-7 maggio) si è parlato anche della necessità di avere una cultura in grado di immaginare e di realizzare l’unità nella diversità europea. Sono stati ricordati i contributi degli statisti cattolici che hanno avviato il processo di integrazione europea nel Secondo dopoguerra: il francese Robert Schuman, il tedesco Konrad Adenauer e l’italiano Alcide De Gasperi. E’ interessante notare che sia stata la cultura cattolica a “sognare” un’Europa unita, prospera e pacifica, mentre è mancato il contributo evangelico. Perché? Il cattolicesimo ha forgiato delle culture e delle personalità politiche in grado di guardare oltre il presente con uno sguardo costruttivo e forti di una visione del mondo (quella cattolica), mentre pare che l’evangelismo non si sia spinto oltre i legittimi e necessari interessi per la missione e per la vita della chiesa riduttivamente intesa. Il pensiero evangelico è stato più propenso ad insistere sulla particolarità e sulla diversità che non sull’unità e sulla visione d’insieme. 

A distanza di 70 anni dall’avvio del processo europeo, l’Europa arranca alla ricerca della sua identità. La visione cattolica dei “padri fondatori” si è rivelata di corto respiro ed il cammino europeo appare bloccato. Anche gli evangelici contemporanei, quando pensano all’Europa paiono brancolare nel buio.

Esiste un pensiero sociale evangelico che, ispirato alla fede trinitaria, possa costituire una piattaforma di rilancio? La risposta è affermativa. Senza alcuna pretesa, ecco una “lista” di riferimenti che lo compongono e che, se assimilata, potrebbe dar luogo a una fioritura di iniziative evangeliche in Europa e per l’Europa.   

Rimanendo nella storia moderna del pensiero evangelico, si dovrebbe scoprire Johannes Althusius (1557-1638). Althusius è un pensatore che dà voce alla transizione che va dalla riforma della chiesa a quella dello Stato secondo categorie ripensate alla luce della teologia del patto. Mentre altri teologi coevi e successivi sviluppano la teologia del patto (o federale, dal latino: foedus) per ripensare l'impalcatura complessiva della teologia, Althusius si cimenta nel compito di applicare questa intuizione al campo politico. Partendo dalle sue categorie federali, i puritani inglesi e americani avrebbero fatto avanzare ulteriormente lo sviluppo di teorie politiche e di principi di architettura costituzionale ispirati al federalismo. Potrebbe il federalismo essere la chiave per tenere insieme un’Europa unita e diversa?

Al pensiero pattizio e federale di Althusius andrebbe integrata la sensibilità sociale di William Wilberforce (1759-1833), campione della lotta per l’abolizione della schiavitù, o quella di Henri Dunant (1828-1910), fondatore della Croce Rossa, o di George Muller (1805-1899), animatore di orfanotrofi. L’azione evangelica può trarre ispirazione da un’attenzione particolare al tema del sostegno ai bisognosi in vista della promozione della giustizia. 

Nel 1846 viene fondata l’Alleanza evangelica che, da subito, si impegna nella difesa della libertà religiosa per tutti. Se a questa sensibilità si aggiunge l’elaborazione di un Alexander Vinet (1797-1847) sulla separazione tra Stato e chiesa, si capisce che la cultura evangelica presidia con impegno la questione della libertà di culto, di coscienza, di parola, ecc. per stabilire principi regolativi a salvaguardia del pluralismo.

A proposito di pluralismo, è imprescindibile la lezione di Abraham Kuyper (1837-1920) sulla sovranità di sfere o sul pluralismo istituzionale, pilastro del pensiero sociale evangelico. Mentre il cattolicesimo enfatizza l’omogeneità e il liberalismo spinge per il particolarismo, la sovranità di sfere è un sistema che promuove la responsabilità diffusa. 

In tempi più recenti, il richiamo del Patto di Losanna (1974) alla responsabilità sociale e l’invito soprattutto dei teologi sudamericani alla “missione integrale” sono altri spunti significativi per costruire un pensiero sociale evangelico che unisca spiritualità cristiana e progettualità sociale. Il volume di Dichiarazioni evangeliche II, a cura di Pietro Bolognesi, Bologna, EDB 2018, contiene molte prese di posizioni evangeliche sui più svariati temi sociali.

La lista potrebbe proseguire ed essere ulteriormente precisata. Il punto è che gli evangelici hanno un solido pensiero a cui fare riferimento per ripensare la sfida di dotare l’Europa di un futuro che colleghi in modo proficuo unità e diversità. Invece di brancolare nel buio o di inseguire la dottrina sociale cattolica, il pensiero liberale o socialista, gli evangelici europei dovrebbero fare i compiti a casa ed alfabetizzarsi con la ricca tradizione del pensiero sociale evangelico per poi declinarla in campo politico ed istituzionale.

Della stessa serie:
“Europa tra oggi e domani (I). I tre shock che hanno cambiato il continente” (10 maggio 2022)
“Europa tra oggi e domani (II). L’avvento di GAL e di TAN” (19 maggio 2022)