Giubileo dei giovani. Impressioni evangeliche da Roma
Che siano stati 500.000, di più o di meno, poco importa. La settimana del Giubileo dei giovani (28/7-3/8) ha visto Roma invasa da gruppi di giovani provenienti da tutto il mondo. Con bandiere sventolanti e cappellini in testa, questi ragazzi hanno attraversato le Porte sante delle basiliche romane, partecipato ad eventi plenari (su tutti: la veglia con papa Leone XIV a Tor Vergata il 2 agosto) e nazionali (nelle varie parrocchie), si sono confessati al Circo Massimo, ecc. Insomma, hanno fatto quello che il giubileo cattolico prescrive: il pellegrinaggio a Roma e le attività devozionali prescritte per ottenere l’indulgenza. In più, è stato organizzato per loro un happening memorabile.
Qualunque cosa si possa o si voglia dire, una cosa è certa: non esiste forse istituzione mondiale capace di chiamare a raccolta mezzo milione di persone da ogni dove in un luogo per una settimana intera. La chiesa cattolica ha dato dimostrazione di essere un’agenzia ancora capace di aggregare, organizzare ed ispirare masse di giovani e di saper “giovanilizzare” il suo linguaggio riempendolo però sempre di elementi simbolici ed evocativi tipici della sua visione religiosa.
Al di là degli aspetti folcloristici e giovanilistici, ho seguito in modo particolare tre momenti del Giubileo dei giovani: gli incontri degli influencer cattolici, i gruppi italiani e nordamericani, la veglia finale col papa.
1. Il primo momento ha permesso di avere contezza di un mondo di iniziative cattoliche nel digitale: influencer, creatori di contenuti digitali, blogger, ecc., soprattutto in America Latina (Messico su tutti), ma non solo. La chiesa cattolica, nel suo complesso, sta prendendo sul serio la sfida del digitale e registra il fiorire di tante attività. Quelle istituzionali (i canali d’informazione ufficiale del Vaticano e delle diocesi) sono solo una piccola parte: quelle che pullulano sono i canali youtube di laici e religiosi che, con vari linguaggi e per pubblici diversi, intrattengono, alimentano l’immaginario religioso e fanno apologetica cattolica.
Il discorso di Antonio Spadaro, gesuita spin doctor di papa Francesco ma ancora molto influente, racchiude la visione cattolica per il digitale. Con la metafora del “fuoco” che brucia dentro, Spadaro ha disegnato una presenza della chiesa cattolica nel digitale per “umanizzare” il mondo, creare dialogo e unità. Lo spazio digitale va reso umano: questa è la mission indicata da Spadaro. Sembra risentire, con parole diverse, quello che papa Francesco diceva (anche se l’espressione era di Benedetto XVI), e cioè che la chiesa cresce per attrazione, non per proselitismo. Si è notata una certa differenza tra questo approccio umanista, pan-religioso e “cattolico” di Spadaro e quello di molti apologisti cattolici nordamericani che, invece, sono polemici e controversistici, direi “romani”. Su questa diversità di posture e linguaggi tornerò dopo.
2. Come già detto, il Giubileo dei giovani è stato vissuto da decine e centinaia di gruppi da molte nazioni. Il gruppo italiano, il più numeroso, ha avuto un incontro significativo nella messa del 31 luglio in cui l’omelia è stata tenuta dal card. Matteo Zuppi. In essa sono risuonati le parole solite del cattolicesimo italiano dai tempi di papa Francesco: “tutti, tutti, tutti siamo accolti”, la pace, no alle armi, l’amicizia. Ogni tanto un riferimento a Cristo, ma fuori dal contesto biblico e dal messaggio evangelico. Si è trattato di un messaggio umanistico, l’ennesimo, in linea con il discorso di Spadaro agli influencer.
Diverso è stato il timbro registrato nel gruppo di giovani cattolici nordamericani. Nell’incontro tenuto nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il linguaggio esperienziale usato è stato simil-evangelico, i canti (accompagnati da chitarra e tastiera) avrebbero potuto essere quelli di un raduno evangelico. Intrecciati a questi tratti “personali” a cui i cattolici europei non sono abituati, c’erano ovviamente i marcatori identitari tipici del cattolicesimo: gli accenti mariani, i santi, l’eucaristia. Il discorso del vescovo Robert Barron, lui stesso star del web cattolico USA e teologo accattivante, è stato emblematico: ha parlato di “Cristo il Signore” nei termini che un pastore evangelico non avrebbe potuto far meglio; poi ha parlato, con molta fierezza, quasi arroganza, della chiesa cattolica come l’unica organizzazione umana sopravvissuta nella storia e del papa come l’unico successore ininterrotto di Pietro (e di Cristo).
Ha poi esortato a incontrare Cristo nell’eucaristia della chiesa cattolica e nella figura del papa. Qui il cattolicesimo umanista europeo (con i suoi slogan: “siamo tutti inclusi”, “vogliamoci bene”, “portiamo speranza ad un mondo in guerra”) era in secondo piano. Quello che prevaleva era il linguaggio simil-evangelico ma profondamente romano del cattolicesimo nordamericano.
Questo per dire che il cattolicesimo romano parla diverse lingue con diversi timbri religiosi: a seconda del contesto in cui si trova ad operare, è in grado di declinare la propria proposta. In Europa, essa assomiglia a quella dell’umanesimo pacifista e multiculturale.
Negli USA sembra quella di una denominazione evangelica. In entrambi i casi, l’anima cattolico-romana è la matrice comune che plasma il tutto. Il Giubileo dei giovani è stato un palco in cui vedere all’opera la chiesa cattolica che parla il “suo” linguaggio con codici ed accenti diversi.
3. Il clou del Giubileo dei giovani è stata la veglia di preghiera con papa Leone XIV a Tor Vergata. C’è chi ha parlato di un milione di presenze. Nel pomeriggio vi è stato un ininterrotto concerto con musicisti e band della galassia cattolica internazionale. Giunta la sera, al papa sono state fatte tre domande: sull’amicizia, sulle scelte della vita e su come incontrare Cristo. Sulla prima, Leone ha detto che abbiamo già in Cristo il nostro amico, dando per scontato che questo sia una condizione universale acquisita col battesimo. Non ha parlato del pentimento e della fede in Lui, Figlio di Dio incarnato, che respinge gli idoli.
Sulla seconda, si è notata una pressione rivolta ai giovani ad aprirsi alla vocazione sacerdotale e religiosa, forse motivata dal fatto che il numero di preti, frati e suore diminuisce. Sulla terza, ha insistito che Cristo lo si incontra e lo si adora nell’eucaristia amministrata dalla chiesa (cattolica). Nelle risposte ha citato, tra gli altri, Agostino, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco, ma non vi è stato un invito intenzionale a leggere la Scrittura. 
Il messaggio papale della veglia è stato: “Cristo è già in noi (col battesimo), incontriamolo nella chiesa cattolica dove lui è realmente presente (nell’eucaristia). Per il resto sviluppiamo e condividiamo l’umanità”. Mentre ci sono alcuni elementi tratti dal vangelo, il loro senso, la loro combinazione, il cuore del discorso è stato cattolico romano, ma non evangelico.
Ai giovani è stato detto che Cristo è già in loro, non ricevuto per fede ma per un sacramento; che Cristo è anche in tutti, non per adesione all’evangelo, ma per una condivisa umanità; che Cristo è presente, non nella Parola biblica, ma nell’eucaristia; che sono missionari, non per testimoniare il pentimento dai peccati e la fede in Gesù Cristo, ma per incontrare il prossimo e sviluppare la fraternità universale.
Difficile pensare che questo messaggio metta in discussione qualcuno. Tutti si sentono a loro modo rinforzati in quello che già sono: credenti, non credenti, diversamente credenti; semmai sono attratti alla chiesa cattolica che tutti include. Questo è il vangelo cattolico romano. È l’evangelo biblico?