La predicazione secondo il De doctrina christiana di Agostino

 
 

N.B. Sintesi di una relazione tenuta al Laboratorio della predicazione 2025 (17-19 luglio) dell’IFED di Padova. Uno degli scopi del Laboratorio è di sviluppare competenze omiletiche, tenendo sempre aperto l’ascolto a lezioni provenienti dalla storia della chiesa antica e moderna.

 

Secondo le ricostruzioni compiute, Agostino (Tagaste, 354 – Ippona, 430) predicava abitualmente due volte alla settimana – il sabato e la domenica –, spesso per più giorni consecutivi, talvolta anche più volte al giorno. Spesso predicava anche in altre chiese di altre città.

Ciò che ci è pervenuto di questa intensa attività oratoria è solo una minima parte, e, pure, i testi si contano nell’ordine delle centinaia: 124 sul vangelo di Giovanni (In Johannis evangelium), 10 sulla Prima Giovanni (In Johannis ad Parthos tractatus), uno su ogni salmo (Enarrationes in Psalmos), molti altri raccolti in Sermones ad populum. In totale 500 sermoni in forma completa o parziale.


È nell’opera De doctrina christiana che (edizione italiana: La dottrina cristiana, a cura di Luigi Alici, Milano, Paoline 2015), conclusa nel 397, che Agostino presenta la sua visione dell’omiletica in vista della formazione di nuovi predicatori.


Scritto in contemporanea alla redazione dei commenti ai Salmi, al vangelo di Giovanni e alla Genesi, l’opera è un sussidio formativo a uso interno dei pastori per la loro formazione: essa dà voce ad una chiesa che, uscita dalla lunga stagione caratterizzata dalle “apologie” e da un contesto di incertezza, inizia a pensare alla formazione dei quadri come priorità.


Il volume è composto da 4 libri: 3 sull’ermeneutica biblica (come interpretare il testo biblico), 1 sull’omiletica (come predicare il testo biblico). Nella formula agostiniana, l’omiletica vale 1 se preceduta da un impegno ermeneutico che vale 3.


Profili dell’interpretazione agostiniana (libri I-III)

Secondo Agostino, la predicazione si avvale dell’uso degli strumenti dell’interpretazione biblica (uti) per invitare al godimento di Dio uno e trino che si è rivelato nella Scrittura (frui).


Per una sana interpretazione biblica, alcune verità dogmatiche vanno presupposte: la Trinità (attributi divini), l’incarnazione, la redenzione, la resurrezione e l’ascensione, la chiesa. Non a caso, si crede per comprendere, non vice versa. 


Oltre alle verità dogmatiche, per Agostino è esseziale aderire alle verità morali. Su tutte, l’amore. Infatti, “compimento e fine di tutte le divine Scritture è l’amore”: amor Dei (amore per Dio) e amor sui (amore per sé e per il prossimo). Uno con l’altro, sempre. 


Poi, bisogna avere la conoscenza delle lingue bibliche e anche coltivare la conoscenza della natura, delle scienze (astronomia), delle arti (meccaniche) e delle istituzioni (linguaggio): “il cristiano deve strapparne la verità, per usarla in modo giusto nell’annuncio del Vangelo”. Per Agostino, bisogna convertire la conoscenza ad un uso cristiano. “Ogni autentico buon cristiano deve comprendere che la verità, dovunque si trovi, appartiene al Signore”, sapendo che le dottrine degli uomini sono in parte superstiziose (astrologia, idolatria, disegni diabolici), in parte no.


In questo lavoro interpretativo, l’autorità della Scrittura è primaria. Agostino riconosce l’importanza sussidiaria della regola della fede e dell’autorità della chiesa per dissipare le difficoltà interpretative: “ciò che è detto nelle forme più esplicite ci deve insegnare il modo per comprendere quelle oscure”.


Profili dell’omiletica agostiniana (libro IV)

Nella predicazione, la retorica al servizio della verità. Agostino vuole emancipare l’omiletica cristiana dall’eloquenza classica. Per lui bisogna unire “sapienza” e “eloquenza” in questo ordine: l’eloquenza segue la sapienza.


In Agostino è evidente l’influenza del De oratore di Cicerone secondo cui ogni oratore deve perseguire tre obbiettivi: insegnare (probare), dilettare (delectare), conquistare (flectere). A questi obbiettivi corrispondono i tre stili corrispondenti: semplice, moderato, sublime. “Insegnare è una necessità, dilettare è un piacere, conquistare è una vittoria”. 


Agostino rielabora la lezione ciceroniana così:


  • Insegnare … stile semplice (submissum): mira all’intelletto

  • Dilettare … stile moderato (temperatum): mira alla memoria e all’immaginazione

  • Conquistare … stile sublime (grande): mira alla volontà


Ls predicazione deve contenere tutti e tre gli stili in modo armonizzato.


Vero è che Agostino parte da Cicerone, ma il suo uso della retorica classica è preceduto ed accompagnato da due avvertimenti. Primo caveat: il predicatore riuscirà più “per la pietà delle sue preghiere che per le sue virtù oratorie”. Egli deve essere “prima che un declamatore, un maestro di preghiera e di eloquenza” (N.B. “orator” sia inteso come uomo che prega che come uomo eloquente). Il secondo caveat è che conta ben più la vita di colui che parla che le sue parole soltanto. “Il maestro deve annunciare ciò che sta vivendo”.


Agostino considera Paolo, Cipriano ed Ambrogio dei predicatori cristiani compiuti da cui trarre ispirazione. Il De doctrina christiana si conclude con una sobria considerazione, molto appropriata per i predicatori: “Chi si gloria, riponga la sua gloria in colui che tiene nelle sue mani noi e i nostri discorsi”.


Bibliografia minima

H.-I. Marrou, Sant'Agostino e la fine della cultura antica [1938], Milano, Jaca Book 1987. 

P.T. Sanlon, Augustine’s Theology of Preaching, Minneapolis, Fortress 2014.

S. Mantelli, Dare parola al bene. La predicazione di Agostino in teoria e in pratica, Roma, Aracne 2020.


Su Agostino predicatore (articoli di Loci Communes):

Davide Ibrahim, “Agostino predicatore (I). Saggio chi predica, attivo chi ascolta” (19/2/2025); “Agostino predicatore (II). Tra competenza e conoscenza” (28/2/2024); “Agostino predicatore (III). Quanto sono importanti battesimo e Cena del Signore?” (20/3/2024).