Il rogo del Corano in Svezia e la libertà di espressione. Un’intervista a Christianity Today

 
 

L’episodio recente del rogo del Corano in Svezia ha suscitato reazioni veementi da parte di settori del mondo islamico e in alcuni Paesi a maggioranza islamica. CI sono state proteste di piazza, manifestazioni di popolo, espulsioni di ambasciatori. Al di là delle conseguenze immediate, si è di nuovo riproposta all’attenzione la delicata questione della libertà di espressione nel contesto di società pluraliste. La rivista evangelica nord-americana Christianity Today ha raccolto alcune opinioni di esponenti evangelici europei, tra cui la mia. L’articolo è stato poi pubblicato: “Amid Kuran Burning Outcry. Should All Blasphemy Be Banned?” , Christianity Today, 27 luglio 2023, a firma di Jayson Casper.

Ripropongo una traduzione dell’intervista nella sua interezza.

Gli evangelici in Italia subiscono i discorsi d’odio (“hate speech”) nelle sue varie forme?

Prima e dopo il Concilio di Trento (1545-1563) e fino al Concilio Vaticano II (1962-1965), i protestanti sono stati definiti "eretici" e perseguitati. Sotto il fascismo, i pentecostali furono definiti una "minaccia alla purezza della razza" e perseguitati. Negli ultimi decenni, gli evangelici sono stati etichettati come "sette" e non hanno avuto pari opportunità nella pubblica piazza. Probabilmente non si tratta di discorsi d'odio (tecnicamente parlando), ma di certo si tratta di un linguaggio dispregiativo che alimenta un trattamento ingiusto.

Molti cristiani hanno condannato il rogo del Corano. La nostra fede lo richiede o a volte c'è spazio per la provocazione deliberata dei credenti di altre religioni? Se sì, spieghi.

Nel racconto di Elia e dei profeti di Baal (1 Re 18) c'è una provocazione deliberata. Anche la pulizia del tempio da parte di Gesù (ad esempio, Luca 19,45) è provocatoria. Quindi non credo che ci sia un divieto assoluto. A volte il ruolo "profetico" dei credenti richiede di sfidare la religione altrui in modo "drammatico". Detto questo, l'approccio "sacerdotale" e "regale" standard per quanto riguarda i modelli di cittadinanza cristiana richiede interazioni rispettose e pacifiche con persone di altre fedi (ad esempio, 1 Pietro 3,15-16). Miroslav Volf parla di una presenza e di una differenza "morbide" (soft) come normative per i cristiani. Richard Mouw parla di "civiltà" cristiana come caratteristica della testimonianza evangelica.

Se la condanna è la risposta giusta, la società europea dovrebbe impedire legalmente atti simili? In caso affermativo, dovrebbe essere ristretta (bruciare il Corano, ecc.) o ampia (discorsi offensivi contro una religione)?

Il rispetto per le religioni dovrebbe essere un principio che fa parte del modo in cui una società pluralista coltiva una sana gestione della sua diversità. Il modo in cui attuarlo (cosa includere, cosa escludere) è la posta in gioco. Penso che essere troppo specifici o ristretti corra il rischio di far apparire ogni opinione "forte" o azione abrasiva come un crimine da perseguire. Inoltre, invece di affrontare le differenze religiose come parte del dibattito pubblico, è inutile, se non pericoloso, aspettarsi che siano i tribunali e i giudici a risolverle. Per quanto riguarda quanto accaduto in Svezia, penso che bruciare un libro religioso non dovrebbe essere trattato come un crimine dai tribunali, ma come una stupidaggine da stigmatizzare sul piano culturale.

Se è favorevole alle restrizioni legali, auspica protezioni simili contro i simboli cristiani? Perché o perché no?

Tutte le religioni, cristianesimo compreso, dovrebbero ricevere lo stesso trattamento da parte dello Stato. In Italia, pur godendo della libertà religiosa, che la Costituzione riconosce, ci sono ancora elementi residui di uno Stato passato (cattolico-romano) che rendono impossibile finora la sua piena attuazione.

Che cosa è necessario per la società europea per massimizzare la libertà degli individui e contemporaneamente massimizzare l'accoglienza per i credenti/comunità religiose, minoritarie o meno?

La società europea ha sofferto per secoli di un monopolio religioso (cattolico o protestante, a seconda dello Stato) a spese della libertà religiosa e del rispetto delle minoranze. Negli ultimi anni, il secolarismo sta diventando il nuovo monopolio culturale e minaccia la libertà religiosa e il rispetto delle minoranze. La via da seguire non è quella di essere nostalgici dello "Stato cristiano" o della "nazione cristiana", ma di scoprire cosa significhi per la nostra società il pluralismo di principio, in cui la libertà individuale si sposa con alcuni vincoli sociali e le maggioranze rispettano le minoranze.

Come italiano, ritiene che le sue risposte riflettano qualche differenza culturale con la Svezia/Scandinavia su questi temi?

Prima di essere italiani o svedesi, i cristiani dovrebbero essere prima di tutto cristiani e quindi avere una visione comune ampiamente definita su come "per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti" (Romani 12,18).