Luci e ombre della missione globale. Il report “Global Voices” del Movimento di Losanna
Se c’è un’urgenza per la chiesa evangelica globale oggi è quella di formare una generazione di leader culturalmente consapevoli e teologicamente solidi che sappia navigare le nuove sfide del mondo contemporaneo.
Questo sembra essere il dato più significativo che emerge dal report “Global Voices”, rilasciato da Lausanne Insights, il gruppo di ricerca del Movimento di Losanna, ad ottobre 2025. Il report è frutto di una ricerca condotta con sondaggi qualitativi e quantitativi sottoposti a più di 1000 leader evangelici provenienti da 119 paesi del mondo. Come per tutti i sondaggi, i risultati vanno presi come indicatori di tendenze e stimolo per riflessioni allargate.
Il sondaggio è stato pensato per raccogliere le prospettive sulla missione globale, la sua direzione, i punti di forza e le aree ancora fragili in cui la chiesa deve investire. Il report è una risorsa importante per dare uno sguardo ravvicinato alle tendenze del mondo composito dell’evangelicalismo mondiale.
Tra i dati rilevanti del sondaggio emerge la chiara tendenza ad una speranza rinnovata e rinforzata rispetto al futuro della chiesa. Le parole più ricorrenti usate dai leader, sono “rinnovamento”, “opportunità”, “risveglio”. I leader intervistati non immaginano una fase di declino della chiesa nonostante le enormi sfide del mondo contemporaneo.
Dai social, spesso si ricava l’impressione di un mondo evangelico arrabbiato, disfattista, tutti contro tutti, sull’orlo del precipizio, ma il dato che emerge tratteggia un altro scenario. Non è la disperazione o la rassegnazione, ma la speranza a costituire l’orizzonte a cui guardano i leader evangelici.
Certo, ci sono nuclei di problemi che sono individuati. Tra i fattori che destano preoccupazione emergono il secolarismo e alcuni fattori interni alle chiese che ne danneggiano gravemente la testimonianza. Essi sono gli scandali di corruzione, gli abusi e i compromessi morali. Anche la radicalizzazione politica è un elemento che inquieta rispetto all’efficacia di una testimonianza solida e credibile.
Il report evidenzia anche uno shift rispetto alle “voci influenti” del mondo cristiano. Esse non sono più i pastori o i teologi, figure tradizionali dell’immaginario evangelico. Soprattutto nel mondo occidentale, ad avere maggiore credibilità nella testimonianza sembrano essere sempre più artisti, creatori digitali, comunicatori e altre figure che fanno da ponte con la cultura.
Un altro dato spiazzante è quello sui meno raggiunti dal messaggio del Vangelo. Uno potrebbe pensare che siano i poveri o gli emarginati. Invece, si tratta infatti dei ricchi, una categoria che non riceve quasi mai le attenzioni della missione. Vanno quindi implementate strategie per raggiungere persone benestanti del mondo delle professioni, della politica e della cultura.
Alle domandi su quali tendenze avranno l’impatto migliore sul Grande Mandato nel prossimo decennio, i leader hanno indicato cinque fattori chiave: la collaborazione e il partenariato, una maggiore attenzione al discepolato, l’uso della tecnologia digitale, il ministero nel mondo del lavoro e il coinvolgimento dei giovani.
Visto l’ampio spettro della “collaborazione”, non è sempre chiaro se i leader evangelici facciano distinzione tra la collaborazione tra i nati di nuovo in vista della missione e la co-belligeranza con altri gruppi religiosi su questioni di interesse comune. Vista la confusione che c’è tra molti evangelici che sono attratti dall’ecumenismo col mondo cattolico e liberale senza capire le differenze tra l’unità evangelica e quella ecumenica, è da salutare positivamente l’apertura alla collaborazione a patto di irrobustire l’identità evangelica che mantiene le distinzioni.
Pur se modesto in numeri e risorse, l’evangelicalismo italiano può aiutare quello globale a distinguere tra la collaborazione intra-evangelica in vista della missione e la co-belligeranza in campo sociale, umanitario, politico, ecc. con tutte le forze che condividono un obbiettivo circoscritto e comune, senza confondere le due.
Il discepolato profondo è visto come un campo di investimento prioritario: è l’area di maggiore insicurezza nell’affrontare le sfide globali emergenti. I leader si sono detti insicuri che la chiesa si stia equipaggiando adeguatamente per interagire con i problemi legati all’AI, alle questioni di genere, la salute mentale, i fenomeni migratori, la radicalizzazione politica.
In sintesi, i leader vedono un gap tra le domande crescenti nel mondo e l’effettiva preparazione della chiesa per rispondere in maniera profetica e strategica in vista della missione. Il discepolato è sempre stato al cuore del vissuto evangelico. Oggi deve saper formare i credenti a sfide che sono nuove e su cui la chiesa evangelica muove i primi passi.
Infine, tra i campi di missione più menzionato c’è quello del digitale. È chiaro che le persone vivono gli spazi digitali come un’area pervasiva, influente e coinvolgente. Se la chiesa non è lì, non è nelle nuove piazze, non abita il mondo abitato da tutti e perde occasioni di testimonianza.
Insomma, il mondo vive una fase di crisi in cui le trasformazioni in atto sono molteplici. La missione globale non deve e non può arretrare di fronte ad esse, ma deve equipaggiarsi con consapevolezza, formazione e profondità teologica. Il report non parla di un mondo evangelico in fuga o che arranca, ma che cerca di capire i “segni dei tempi” e di attrezzarsi per abitarli con responsabilità.