Perchè gli evangelici dovrebbero occuparsi del cattolicesimo romano?

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[Questo articolo è stato già pubblicato il 15 maggio 2020. In occasione del periodo estivo, la redazione di Loci Communes ha scelto di ripubblicare articoli che ritiene rilevanti, alternandoli a nuovi. Buona lettura!]

Perché gli evangelici dovrebbero occuparsi del cattolicesimo romano? Lasciatemi suggerire quattro ragioni. 

È una questione globale

Dovunque voi andiate nel mondo, a Nord, a Sud, a Est e ad Ovest, troverete persone che si definiscono cattolici e con cui ci si troverà ad interagire in un modo o nell’altro sulla fede. Incontrerete la Chiesa cattolica romana nella sua ricca articolazione: parrocchie, scuole, ospedali, organizzazioni di beneficenza, movimenti, ecc.  Secondo l’edizione 2020 dell’Annuario Pontificio, i cattolici nel mondo sono 1,329 miliardi, di gran lunga la più grande famiglia religiosa all’interno della cristianità e la più grande organizzazione religiosa del pianeta. Il Papa, seppure vivendo a Roma, è una figura globale che attrae molto l’attenzione dei media. La Chiesa romana, attraverso i suoi documenti ed iniziative, è un protagonista di livello mondiale nei principali dibattiti sui rapporti inter-religiosi, sulla missione, sull’ambiente, sull’ecumenismo, ecc. Che voi viviate in una regione a maggioranza cattolica oppure in un’area dove i cattolici sono pochi, la presenza del cattolicesimo è pervasiva. A meno che non vi accovacciate nel vostro piccolo angolo di mondo, dovete fare i conti con il cattolicesimo romano. 

 

È una questione teologica

Nel XVI secolo la Riforma Protestante fu un movimento guidato da Dio per recuperare e riaffermare la centralità dell’evangelo biblico e l’autorità del Dio uno e trino nella rivelazione biblica (Sola Scrittura), la sufficienza del sacrificio di Gesù Cristo (Solo Cristo), il dono gratuito della salvezza per coloro che credono (Sola fede) e la chiamata a vivere per Dio e adorando il suo nome in ogni cosa che facciamo (al solo Dio la gloria). Il cattolicesimo si schierò contro queste verità e condannò coloro che le abbracciavano. Dopo il Vaticano II, Roma ha in qualche modo cambiato postura; i toni sono diventati amichevoli e le differenze offuscate. In ogni caso, il cattolicesimo è ancora non ancorato alla Sola Scrittura, al Solo Cristo e alla Sola fede e la sua devozione non è dedicata a Dio soltanto. Il vangelo cattolico romano è diverso da quello biblico. Nessuno dei dogmi, delle pratiche e delle strutture non bibliche sono state abbandonati, anche se hanno subito un certo sviluppo. La Riforma non è conclusa, l’evangelo è ancora al centro della controversia con Roma e tutti quelli che vogliono stare fermi nella verità devono capire che cosa il cattolicesimo crede e promuove. 

Gli evangelici dovrebbero occuparsi del cattolicesimo perchè è una questione globale, teologica, evangelistica e strategica

È una questione evangelistica 

Considerato l’elevato numero di cattolici nel mondo, c’è un’alta probabilità che tutti noi abbiamo vicini, amici, familiari e colleghi che si definiscono tali. In un contesto a maggioranza cattolico, questo spesso significa che le persone si identificano come cattolici perché nati in una famiglia religiosa o perché il milieu culturale in cui vivono è stato plasmato dal cattolicesimo senza che vi sia una consapevolezza dell’evangelo. Molti cattolici credono e si comportano come la maggior parte delle persone occidentali secolarizzate: senza alcun senso reale di Dio nelle loro vite. In altre parole, non sono nati di nuovo, non sono cristiani rigenerati. I cattolici devoti possono essere religiosi, ma ancora ingarbugliati nelle tradizioni e nelle pratiche che sono molto lontane dalla fede biblica. Questo spalanca le porte alle opportunità di evangelizzazione. L’evangelo può e deve essere ricevuto anche da loro. Dobbiamo provare ad entrare nella mentalità del cattolicesimo e sfidarla gentilmente con l’evangelo. Per fare questo in modo intelligente, dobbiamo cercare di capire cosa sia il cattolicesimo romano. 

È una questione strategica

Il cattolicesimo conduce ad ulteriori sfide per gli evangelici oggi. Nel passato, Roma considerava le altre forme di cristianità (l’ortodossia orientale e il protestantesimo) come eretiche o scismatiche. Era Roma stessa che distanziava gli estranei da essa. Dopo il Vaticano II (1962-1965) i “non cattolici” sono ancora considerati difettosi, ma “uniti in modo imperfetto”. Roma è diventata molto ecumenica, con la volontà di camminare al fianco di altri cristiani per portarli cum Petro (“con Pietro, cioè pacificati con la chiesa cattolica) e sub Petro (“sotto Pietro”, cioè in qualche modo invischiati nelle sue strutture). Lo stesso vale con le altre religioni. Prima del Vaticano II esse erano condannate come pagane e idolatriche; ora vengono viste come legittime via per arrivare a Dio e i suoi fedeli vengono chiamati “fratelli e sorelle”. Il cattolicesimo sta lavorando per portare tutte le religioni insieme, intorno al suo leader, il Papa. Questa non è una teoria complottista: è l’agenda universalista del cattolicesimo di oggi che, in questa forma pan-ecumenica, è in vigore dal Vaticano II. Gli evangelici devono capire quale sia la direzione dell’ecumenismo romano. Non vogliamo diventare parte di un progetto “cattolico” che contraddice la missione evangelica volta alla conversione a Gesù Cristo di persone che non credono in lui. L’unità a cui aspiriamo è l’unità del popolo di Dio, sotto la signoria di Gesù Cristo, e non una generica unità del genere umano sotto Roma.

Dunque, per ragioni missiologiche, teologiche, evangelistiche e strategiche, gli evangelici devono confrontarsi con il cattolicesimo di oggi.