Perché ci sono persone che si convertono dalla fede evangelica al cattolicesimo? Un libro

 
 

Siamo abituati a pensare che il flusso di conversioni da una fede all’altra abbia una sola direzione: dal cattolicesimo alla fede evangelica. Mentre questo è ancora vero in termini statistici globali (basti pensare all’America Latina dove negli ultimi decenni si è verificato uno smottamento che ha portato milioni di persone ad abbandonare il cattolicesimo per abbracciare la fede evangelica), c’è anche l’altra faccia della medaglia. Nella storia vi sono state conversioni che hanno fatto il percorso inverso: dalla fede evangelica al cattolicesimo. Basti pensare a quella famosa di John Henry Newman (1801-1890) e, più recentemente, a quella dell’ex-pastore pentecostale svedese Ulf Ekman (nel 2014), sino a quella dell’ex vescovo angloevangelico Michael Nazir-Ali (nel 2021).

Queste sono le storie più conosciute, ma negli ultimi anni si sta verificando un fenomeno certamente non di massa, eppure significativo. Si tratta, in genere, di giovani intellettuali che, dopo una militanza nelle chiese evangeliche, hanno abbracciato il cattolicesimo romano, in genere nella variante tradizionalista e tridentina. Questo accade negli USA, in Brasile e, con intensità minore, anche in Europa. Dopo il passaggio a Roma, molti di questi neo-convertiti al cattolicesimo assumono un tono acriticamente apologetico nei confronti del cattolicesimo e uno di una certa arroganza, al limite del dileggio, nei confronti della fede evangelica.

Perché queste persone si convertono al cattolicesimo? Questa è la domanda a cui Brad Littlejohn e Chris Castaldo danno una risposta nel libro Why Do Protestants Convert?, Landrum, The Davenant Institute 2023, di prossima uscita. Il loro contesto è quello degli Stati Uniti, ma la loro riflessione merita di essere registrata anche altrove.

Littlejohn e Castaldo esaminano la questione da tre angoli: psicologico, teologico e sociologico. Evidentemente, ogni storia di conversione è diversa anche se vi sono tratti comuni. Vi possono essere vissuti di fede evangelica poveri, tossici, conflittuali e borderline che proiettano una luce sinistra su di essa in quanto tale e fanno apparire il cattolicesimo romano come la sede dell’unità, della stabilità, dell’armonia e della completezza. Qualche anno fa, Clay Kannard ha scritto un illuminante articolo che esamina questo fascio di domande: “Why Do They Cross the Tiber? Stories of Evangelical Conversions to Rome”. Nel loro libro, Littlejohn e Castaldo non fanno riferimento a casi specifici, ma aiutano a capire il contesto in cui maturano queste decisioni. 

Il fenomeno degli intellettuali evangelici che si convertono al cattolicesimo romano non è forse massiccio in termini numerici, ma è comunque significativo e ben attestato al di fuori degli Stati Uniti. Esso segnala alcune carenze nel modo in cui la fede evangelica è percepita e vissuta nei suoi aspetti spirituali, ecclesiali e culturali. Questo libro è quindi tempestivo e necessario per suonare un campanello d’allarme e per mettere a tema la questione. Littlejohn e Castaldo pongono le domande giuste e forniscono indicazioni perspicaci per aiutare il lettore ad affrontare l'argomento in modo teologicamente informato. Aiutano anche coloro che potrebbero essere attratti all’idea di “attraversare il Tevere” (a convertirsi al cattolicesimo) a fermarsi e a pensarci due volte.

Senza avere una visione idealizzata della Riforma protestante e tanto meno del movimento evangelicale contemporaneo, il libro sfida le esperienze consumistiche, individualistiche e superficiali della fede evangelica ed invita ad apprezzare la ricca eredità del protestantesimo evangelico e la sua vitalità attuale. Una fede evangelica superficiale nell’identità, povera nell’immaginario, scadente nell’impegno culturale può diventare un ambiente da cui volersi dissociare. Non è la fede evangelica in quanto tale ad essere tossica, ma la performance prevalente ad essere carica di criticità da risultare problematica. Il libro invita a scoprire la fede evangelica biblica, storica, protestante e risvegliata, dal radicamento ecclesiale locale e dal respiro unitario globale.  Allo stesso tempo, il libro sostiene giustamente che Roma non è quel rifugio dorato che spesso viene dipinto da chi è fuori e che attrae sentimentalmente gli evangelici delusi. È, al contrario, un luogo pericoloso impastato d’idolatria, portatore di idiosincrasie sistemiche, incistito nelle sue deviazioni e da cui stare alla larga. Littlejohn e Castaldo hanno scritto un libro convincente che invita i protestanti perplessi a guardare meglio alle ricchezze della fede evangelica e a non convertirsi al cattolicesimo romano. Dalla padella si troverebbero nella brace.