Destra o sinistra (I)? Il (falso) dilemma (anche) evangelico

 
 

“La destra dice chi sei guardando da dove vieni (il passato), la sinistra dice chi sei guardando a cosa puoi diventare (il futuro)”. Intervistata da Corrado Formigli nel corso di Piazza Pulita (23/11/2023), la scrittrice Chiara Valerio ha ripetuto la differenza tra destra e sinistra. In soldoni, la destra ha come riferimento le cose come sono state nel passato (valori, tradizioni, comunità), la sinistra ha in mente come tutto può e deve cambiare. La prima è conservatrice perché ripropone l’assetto che è stato, la seconda è progressista perché spinge a modificarlo. Niente di nuovo. Già Norberto Bobbio (1909-2004) aveva sciorinato simili argomenti nel libro Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Roma, Donzelli 2009. 

Il punto è che, dall’Ottocento in avanti, le categorie di destra e sinistra sono state prevalenti nel discorso politico e hanno profondamente segnato il nostro modo di pensare la politica. Nella rappresentazione plastica dei Parlamenti, i conservatori si sono seduti a destra, i progressisti a sinistra dell’emiciclo o dell’aula parlamentare, rendendo la distinzione anche visibile e coinvolgendo l’uso degli spazi.

Esse hanno imposto a tutti di prendere posizioni, o da una parte o dall’altra. Vero è che c’è chi ha pensato di creare uno spazio al “centro”, tra destra e sinistra. Il centro ha cercato di temperare le istanze puntute dell’una o dell’altra provando a riformularle in una versione moderata, a volte privilegiando quelle della destra (quindi: centro-destra), altre sottolineando quelle della sinistra (quindi: centro-sinistra). Verso la fine del XX secolo, si è affacciata anche la “terza via” (Antony Giddens) che ha provato a individuare un’altra strada ancora, peraltro di poco successo dopo il fuoco di paglia del blairismo e del clintonismo. In ogni caso, destra e sinistra rappresentano due punti di riferimento che sono scolpiti nel vissuto politico e che, per quanto in “crisi” o in modalità attenuate, sono ancora molto influenti.

Come si sono posti gli evangelici di fronte a questa polarizzazione? Politicamente parlando, sono di destra o di sinistra? O di centro? Sono per la conservazione o per il cambiamento? O per la moderazione come programma? Guardano indietro o avanti? Vogliono mantenere e, semmai, rafforzare ciò che è stato o vogliono cambiarlo anche se questo comporta l’abbandono delle pratiche tradizionali? Più radicalmente, quanto queste categorie sono pertinenti per descrivere un approccio politico che sia compatibile con le istanze della visione del mondo biblica?

In età contemporanea, quando hanno elaborato un pensiero politico degno di questo nome, gli evangelici hanno generalmente mostrato perplessità e disagio nell’entrare nella distinzione tra destra e sinistra. Ad esempio, nella sua riflessione politica accompagnata da un impegno istituzionale attivo in Olanda, Abraham Kuyper (1837-1920) ha dato luogo ad un “centro democratico” che si distinguesse dai liberali conservatori della destra e dai socialisti progressisti della sinistra.  

In Italia, poi, dove questa riflessione evangelica è stata lacunosa ed incompiuta, il “centro” politico è stato occupato dalla Democrazia cristiana, partito di ispirazione cattolica, con importanti legami col Vaticano. Tra i tanti meriti storici legati alla modernizzazione economica del Paese, la DC è stato anche il principale ostacolo alla modernizzazione culturale dell’Italia, avendo frenato l’avanzamento del pluralismo religioso in ragione della tradizione “cattolica” del Paese. Per questa ragione principale, gli evangelici sono stati attratti, in genere, dai partiti laici di centro, centro-destra o centro-sinistra, più per mancanza di alternative che per convinzioni mature riguardanti la collocazione del pensiero politico evangelico.

Dopo la caduta del muro di Berlino, il quadro politico è profondamente cambiato, ma la questione rimane: destra o sinistra? Siamo condannati ad essere da una o dall’altra parte? Questa serie trae spunto dal mio saggio “La possibilità dell’etica evangelica. Risurrezione ed etica nella prospettiva riformata di Oliver O’Donovan”, Parola e Tempo (2006/5) pp. 90-96. In questa serie rivisiterò l’opera principale di O’Donovan (Resurrection and Moral Order. An Outline for Evangelical Ethics, Leicester, IVP 1986) che, senza entrare nel merito della discussione tra destra e sinistra, suggerisce una categoria teologica (la resurrezione) che, se applicata alla politica, è in grado di scardinare la polarizzazione tra le due e offrire una pista molto più ricca e feconda per l’impegno evangelico pubblico.

(continua) 

Vedi anche: 
“Una teologia politica “battista” (I). Spunti da Jonathan Leeman” (10/2/2022)
“Una teologia politica “battista” (II). La chiesa come ambasciata” (14/2/2022)
“Una teologia politica “battista” (III). La terza via tra liberalismo e conservatorismo” (1/3/2022) 

“L’impegno cristiano in politica, a partire da un libro di Grudem” (15/11/2021)