Tradurre Calvino, un predicatore di ieri da far conoscere oggi

 
 

Leggere le Istituzioni della religione cristiana di Calvino è un invito ad un banchetto nuziale per chi ha fame e ha gusto. Naturalmente, disporre di una buona traduzione è essenziale per apprezzare non solo le finezze linguistiche e letterarie, ma anche il contenuto teologico e la personalità dell’autore. In questo senso, meritorio è stato il lavoro di Giorgio Tourn nella traduzione pubblicata dalla UTET in due volumi nel 1971. Mirabile è stata la maestria di Tourn nel rendere Calvino accessibile al pubblico italiano, in tutta la sua verve argomentativa e profondità dottrinale.

Tourn non è stato il primo né il solo a cimentarsi con la traduzione in italiano di Calvino. Un ottimo libro di  Bruna Conconi, Le traduzioni italiane di Giovanni Calvino. Storie di libri e di lettori, Città di Castello (PG), I libri di Emil 2017, aveva messo a fuoco il ventaglio di traduzioni del riformatore francese: questioni inerenti a problemi di ordine testuale, come la definizione del testo di partenza o dei rapporti che intercorrono tra le diverse edizioni, ma anche questioni legate alla circolazione e alla ricezione di quei testi. 

Quanto è importante il lavoro del traduttore. Tenendo questo a mente, molto istruttiva è l’intervista a Robert White, australiano e traduttore di Calvino per le opere pubblicate dall’editrice evangelica britannica Banner of Truth. Per la Banner, White ha tradotto i sermoni sulle beatitudini, sulle pastorali, su Efesini, su Galati.

Sui testi di Calvino, White ha speso decina di migliaia di ore lavorative, entrando in continuo contatto con i suoi testi. Alla domanda su quale visione emerga dai testi calviniani, ecco la sua risposta. 

Considero la mentalità di Calvino in continuità con quella dei suoi predecessori medievali: ovvero, decisamente orientata al soprannaturale. Siamo stati creati da Dio e per Dio, al quale dobbiamo rendere conto e dal quale dipendiamo per la vita, il respiro e ogni cosa. Questa non è la nostra casa. Siamo pellegrini, semplicemente di passaggio, come dice Calvino, in questa vita; consapevoli, certamente, dei nostri legami terreni e della vocazione che Dio ci ha dato, e grati per la sua generosa provvidenza per tutti i nostri bisogni, ma con il paradiso come nostra meta. La mentalità di Calvino è, allo stesso tempo, profondamente trinitaria. Dio, alla cui presenza si svolge tutta la vita, non è solo il Creatore onnipotente, il Sostenitore e il Provvidente; è il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, grazie alla cui morte siamo riconciliati e alla cui risurrezione risorgiamo a nuova vita, attraverso la potenza dello Spirito Santo che, unendoci a Cristo, ci rende degni di essere cittadini del cielo. Il contrasto con la nostra epoca secolare non potrebbe essere più grande.

Cosa emerge dell’uomo Calvino dai suoi scritti? Ecco la risposta:

Vedo l'uomo dietro il predicatore, pastore e teologo come piuttosto irascibile (un fatto che spesso riconosce e di cui si pente), combattivo quando si tratta di dottrine essenziali o errori gravi, un giudice acuto del carattere e delle motivazioni, schietto nel rimproverare i comportamenti scorretti (compresi quelli della sua stessa congregazione) e sorprendentemente reticente riguardo ai dettagli personali (tranne che nella corrispondenza con gli amici). Nonostante tutto ciò, è umile, senza pretese di merito personale, laborioso, sfrutta al massimo ogni ora ed è enormemente compassionevole, sapendo che siamo solo polvere davanti a Dio e che è l'amore di Dio per il peccatore che deve sempre essere il nostro modello. Come fratello in Cristo, ci vede entrambi come uno nel Signore, chiamati a portare i fardelli gli uni degli altri, a incoraggiarci a vicenda, a pregare gli uni per gli altri. Siamo entrambi ugualmente debitori della grazia, ognuno con difetti che devono essere “potati” (una metafora frequente) e cuori duri che devono essere ammorbiditi dall'opera continua dello Spirito.

Alla domanda su come un traduttore debba agire pensando di avere davanti testi di cinquecento anni fa, White risponde così:

Il pubblico a cui Calvino si rivolgeva ai suoi tempi era naturalmente molto diverso da quello odierno. Era solo parzialmente alfabetizzato, più incline alla parola parlata che a quella scritta; aveva un alto tasso di mortalità, tanto che una persona di 50 anni era considerata anziana; era piuttosto immobile dal punto di vista sociale, economico e geografico. Ma, come il pubblico odierno, aveva bisogno di ascoltare il vangelo della grazia redentrice. Quindi, mentre cerco sempre di rendere le mie traduzioni il più comprensibili possibile al lettore moderno, continuo a ricordare a me stesso che, nonostante i profondi cambiamenti culturali e psicologici degli ultimi 500 anni, il messaggio di Calvino non deve essere abbellito per renderlo qualcosa di più (o di meno!) per il lettore di oggi rispetto a quanto lo era per i suoi contemporanei. Di solito mi accontento che Calvino trovi il suo modo per attirare l'attenzione e, si spera, il consenso del lettore di oggi.

Grazie al lavoro dei (buoni) traduttori che consentono di entrare in mondi altrimenti inaccessibili e, nel caso degli scritti di Calvino, di gustare la profondità della saggezza biblica in essi contenuti.