Vaticano II, sessant’anni dopo, e il compito a casa ancora da fare
L’8 dicembre 1965 si concluse il Concilio Vaticano II (1962-1965), forse l’evento religioso più importante del 20° secolo. Sono passati sessant’anni da quell’assise che ha “aggiornato” il cattolicesimo romano aprendolo al mondo moderno, all’ecumenismo, al dialogo inter-religioso e al recupero della cattolicità avvolgente che lunghi secoli di arcigna difesa dell’identità “romana” avevano offuscato.
I cattolici stanno ancora discutendo (e litigando!) sull’eredità del Vaticano II: in continuità con la tradizione secolare o avendo impresso una direzione diversa? Espressioni come “aggiornamento”, “riforma-in-continuità”, “sviluppo dottrinale”, ecc. animano le discussioni tra pezzi diversi del cattolicesimo.
Il sessantesimo della conclusione del Vaticano II sarà ancora un’occasione per assistere a quelle diatribe intestine anche se chiassose. Sta di fatto che, senza provare a comprendere il Vaticano II uno non capisce niente o quasi del cattolicesimo contemporaneo.
E gli evangelici? Dopo sessant’anni hanno capito cosa è successo nel cattolicesimo allora e lo stanno capendo ora?
Forse un parallelo storico aiuta a rispondere. Per importanza storica e programmatica, il Vaticano II può essere comparato al Concilio di Trento (1545-1563), la risposta ufficiale della Chiesa di Roma alla Riforma protestante. A Trento, Roma prese posizione ufficiale contro la giustificazione per fede e consolidò il suo sistema gerarchico-sacramentale al servizio della sua missione dominatrice.
Cosa fecero i protestanti allora? Nel 1547 Calvino pubblicò gli atti del Concilio di Trento insieme ad un “antidoto” in cui esaminava criticamente i documenti delle prime sette sessioni e il discorso inaugurale. Tra il 1546 e il 1563 il riformatore zurighese Heinrich Bullinger pubblicò vari scritti in cui si confrontava con le prese di posizioni del Concilio.
Sul versante luterano, Martin Chemnitz scrisse l’opera protestante più completa su Trento, l’Examen concilii tridentini (1565-1573), ancora oggi una miniera per capire la teologia cattolica romana in ottica protestante. [1]
Questo per dire che le chiese protestanti, nelle loro diverse articolazioni confessionali, capirono da subito che era necessario studiare ed esaminare in modo approfondito ciò che la Chiesa di Roma aveva deliberato al Concilio tridentino. Da quegli scritti iniziali fu chiaro che il cattolicesimo aveva rifiutato le istanze evangeliche della Riforma e che la missione della Riforma non poteva che essere rinvigorita.
Il punto è che la Riforma impiegò le sue personalità migliori per cercare di familiarizzarsi con i pronunciamenti cattolici usciti da Trento e che queste personalità scrissero opere che avrebbero influenzato l’approccio evangelico al cattolicesimo nei secoli a venire.
Con il Vaticano II, non è successo niente di minimamente simile. Tranne eccezioni (Gerrit Berkouwer e David Wells; in Italia: Vittorio Subilia e Fausto Salvoni), l’evangelicalismo ha di fatto omesso di fare quello che il protestantesimo del 16° secolo aveva fatto. Non vi è stata presa in carico della responsabilità di capire il Vaticano II.
L’evangelicalismo del dopoguerra si è riempito la bocca con il rilancio della missione senza fare lo sforzo di misurarsi con la missiologia cattolica; i movimenti evangelici hanno dato prova di grande attivismo ma di scarsa penetrazione dello scenario teologico emerso dopo il Vaticano II; il movimento carismatico ha attecchito anche sul terreno cattolico e gli evangelici non hanno capito la sua capacità camaleontica. Il cattolicesimo si è “aperto” a tutti e gli evangelici sono stati attirati ad entrarci senza aver fatto i compiti a casa.
In un certo senso la confusione che regna nel mondo evangelico rispetto al cattolicesimo è figlia di questi atti mancati dopo il Concilio. Per molti evangelici, il Vaticano II è ancora qualcosa di sconosciuto e questa “ignoranza” colpevole ha poi prodotto ingenuità e superficialità che riscontriamo oggi. A sessant’anni dal Concilio, una buona risorsa da cui ripartire è “Il Vaticano II in ottica evangelica”, Studi di teologia N. 50 (2013). Il compito a casa è ancora quasi tutto da fare.
[1]: Si veda Emidio Campi, “Il Concilio di Trento e i riformatori protestanti” in M. Catto – A. Prosperi (a cura di), Trent and Beyond. The Council, Other Powers, Other Cultures, Turnhout, Brepols Publ. 2018, pp. 327-350.