Il cattolicesimo e l’America evangelica. Qualcosa si sta muovendo?
C’era un tempo in cui parlare del cattolicesimo nell’America evangelica, soprattutto quella della “Bible belt”, suscitava reazioni che contenevano un misto di compassione ed estraneità. Sembrava di parlare di un tema esotico, legato alle terre “di missione”, lontano dal loro vissuto. Il cattolicesimo appariva un fenomeno regionale, latino, remoto. Non esisteva una grammatica minima per comprenderlo al di là di una serie di luoghi comuni.
Poi c’erano i convertiti da una cultura cattolica, a volte di origine europea o latinoamericana. Queste persone avevano avuto un’esperienza di cattolicesimo pre-Vaticano II, legata a pratiche devozionali folcloristiche e a profili catechistici all’insegna del moralismo. Lo legavano alle loro famiglie di origine per cui il cattolicesimo era il mastice identitario di un mix culturale familistico e arcaico.
Nelle facoltà di teologia evangeliche (con pochissime eccezioni) non si insegnava il cattolicesimo e quindi, a cascata, i pastori e i missionari non ricevevano le chiavi minime di lettura. Quando qualcuno si affacciava al mondo del cattolicesimo (teologia, istituzione, movimenti), dimostrava superficialità e pressapochismo.
Dunque, per l’evangelismo americano sentire la parola “cattolicesimo” aveva l’effetto di aprire il file “missioni”, ma rimaneva in un sistema operativo sconosciuto. Negli ultimi anni qualcosa sta cambiando. Intanto, il cattolicesimo si è imposto all’attenzione degli evangelici USA, non più nella sua forma più devozionale ed esotica, ma ad un livello alto ed attraente.
Alcuni giudici della Corte suprema sono cattolici, gli intellettuali conservatori di punta sono cattolici, figure apicali della politica sono cattolici osservanti, le voci religiose con più followers sui social sono cattolici; ora c’è anche un papa americano. In più, il fenomeno delle conversioni dalle chiese evangeliche al cattolicesimo non è più legato a qualche individuo, ma sta assumendo dimensioni ampie, attirando anche giovani intellettuali in ricerca.
Insomma, non è il mondo evangelico che è andato al cattolicesimo sulla via delle missioni, ma è il cattolicesimo che sta bussando alla porta del mondo evangelico ponendosi sia come alternativa ad un evangelismo stanco di consumismo religioso e povero di identità, sia come attrazione per formare un fronte “cristiano” conservatore unico per fronteggiare le derive della cultura liberal. Di fronte a queste nuove sfide, gli evangelici sono stati colti di sorpresa e mostrano una certa impreparazione.
Tutto questo in parte spiega l’avvio di un fenomeno nuovo che è osservabile. In cosa consiste? Negli ultimi anni si tengono conferenze evangeliche dedicate al cattolicesimo, ci sono blog e canali youtube che hanno come fuoco l’apologetica evangelica, sembra che di cattolicesimo si parli in modo più diffuso ed intenzionale. Insomma, il cattolicesimo sta entrando nel radar dell’immaginario evangelico medio.
Questo sviluppo è benvenuto. Il cattolicesimo è il secolare competitore del protestantesimo e la fede evangelica deve saper fare i conti con le sostanziali “diversità” teologiche di Roma. Inoltre, il cattolicesimo è la prima istituzione religiosa mondiale e gli evangelici non possono permettersi di ignorarlo, anche quando vivono in un contesto di cultura protestante maggioritaria.
Tutto bene dunque? Non proprio. In questo avvio di rinnovato interesse evangelico, è possibile scorgere due aree critiche principali.
La prima è l’approccio atomistico perseguito dai più. C’è chi si sofferma sulle questioni del Cinquecento (giustificazione, sacramenti, ecc.), perdendo di vista il carattere dinamico del cattolicesimo che, pur non avendo abbandonato il concilio di Trento, oggi ragiona con la mente del Vaticano II. C’è chi si attarda a pensare che il cattolicesimo sia il Catechismo della chiesa cattolica, non considerando che la maggior parte dei cattolici nel mondo ha scarsa dimestichezza e anche poco interesse nei confronti della precisione della dottrina. Altri ancora pensano che il cattolicesimo sia il pezzetto che vedono nella loro esperienza americana, non apprezzando il fatto che esso è una realtà globale sfaccettata. Insomma, invece di adottare uno sguardo sistemico, molti preferiscono concentrarsi su un particolare perdendo di vista il tutto.
La seconda area critica è l’assenza di insegnamenti sul cattolicesimo nelle facoltà di teologia e nelle chiese. Questa continua ad essere una lacuna strutturale. Le facoltà hanno corsi che coprono un grande spettro di materie, ma il cattolicesimo e il movimento ecumenico sono generalmente assenti dal curriculum. Simile discorso vale per i programmi formativi nelle chiese. Ora, la sfida del cattolicesimo non si può affrontare solo con i podcast e con youtube. C’è bisogno di un investimento qualitativamente diverso che impatti anche i processi formativi dentro le chiese e nelle facoltà.
Il cattolicesimo è un banco di prova della maturità e della tenuta del mondo evangelico. Se non si fanno i compiti a casa nel cercare di capirlo teologicamente in senso evangelico, sarà difficile resistere alla fascinazione che esercita nei confronti di settori non trascurabili dell’America evangelica.