La formazione di Tim Keller (I). La famiglia (in parte) “italiana”
L’uscita dell’edizione italiana di Chiesa al centro, forse il suo libro più importante, è l’occasione per riprendere in mano la biografia di Tim Keller (1950-2023) che, poco prima della sua morte, è stata scritta da Collin Hansen, Timothy Keller. His Spiritual and Intellectual Formation, Grand Rapids, Zondervan 2023.
Il taglio scelto da Hansen è quello di mappare l’itinerario biografico di Keller prendendo come filo conduttore la sua formazione spirituale ed intellettuale. Come è stato possibile che un ragazzo figlio di una coppia di immigrati tedeschi (padre) e italiani (madre) della Pennsylvania interna sia diventato una delle personalità evangeliche più influenti d’inizio millennio?
La risposta cristiana è, ovviamente, nella provvidenza di Dio. Hansen cerca di tracciare il percorso che, geograficamente parlando, non è stato movimentato, ma che da un punto di vista spirituale ha visto crescere un uomo di Dio in modo vistoso.
La vita di Keller si è svolta tra la Pennsylvania, la Virginia e New York: poche centinaia di chilometri di raggio, ma in quella striscia di terra ha interpretato il mondo, soprattutto quello delle citte globali. Senza fare molti viaggi, Keller ha sviluppato una teologia metropolitana abbinandole un’ecclesiologia metropolitana. Mentre il mondo si ricomponeva dentro una rete di città globali, Keller ha interpretato l’istanza evangelica di essere nel mondo (globale) senza essere appiattito al mondo.
Ad un lettore italiano, di particolare interesse risulta avere qualche dato sulla mamma di Keller: Louise Anne Clemente (1924-2013), figlia di Giacomo e Carmela Clemente. Il padre Giacomo (poi americanizzato in James) era nato nel 1880 vicino a Napoli ed emigrato negli USA quando aveva diciotto anni.
Louise, di fede cattolica nominale, lo fece battezzare nella chiesa cattolica, salvo poi avvicinarsi alla chiesa luterana dove si convertì all’evangelo tramite la partecipazione ad uno studio biblico nelle case. Per questa ragione, Tim fu battezzato anche nella chiesa luterana quando era ragazzo.
Dalla parte italiana della famiglia, Keller non avrebbe ereditato la conoscenza della lingua. La mamma stessa parlava a stento solo qualche parola. Nella visita a Roma nel 2014, Keller raccontò di avere ricordi d’infanzia di quando la mamma e le zie Clemente si riunivano con le rispettive famiglie per preparare il pranzo domenicale.
In particolare, pur a distanza di decenni, gli era rimasta la memoria olfattiva del profumo del sugo che le sorelle Clemente cucinavano con tanta passione. Oltre a questo, un altro ricordo “italiano” del giovane Keller era il vociare chiassoso in preparazione della tavola e poi le conversazioni talvolta sopra le righe durante il pranzo.
Più che dal padre, Keller ricevette i primi rudimenti nella fede proprio dalla mamma. Pur non essendo una donna che oggi definiremmo “discepolata”, Louise amava intrattenere i suoi figli con quiz e giochi biblici. Hansen racconta di come il bimbo Keller abbia imparato a memoria in tenera età tutti nomi dei re di Giuda e di Israele, in rigoroso elenco storico!
Fu proprio in un ambiente luterano che Keller ricevette le prime lezioni di catechismo che più tardi avrebbe definito più insistenti sulla “legge” che sul “vangelo”. Quando la mamma cambiò chiesa, iniziando a frequentarne una indipendente, il giovane Keller fu esposto ad una variante fondamentalista di evangelicalismo: ancor più fissata sulle esigenze di essere “bravi cristiani” che sulla potenza del vangelo che cambia il cuore. Era solo la prima tappa di un lungo viaggio che avrebbe portato Keller ad apprezzare l’alternativa cristiana al legalismo e al moralismo religioso: il vangelo di Gesù Cristo.
(continua)