Invece che a Montecitorio, i parlamentari italiani si trovano nella Cappella Sistina!
Ma il Parlamento italiano non è Montecitorio (Camera) e Palazzo Madama (Senato)? Sì, ma anche la Cappella Sistina è un sito evidentemente possibile: solo che è in un altro Stato! In un clima politico di grandi tensioni internazionali e di forti scontri interni, la notizia che una buona parte del Parlamento italiano nei giorni scorsi si sia recato in Vaticano per un discorso di Natale a loro dedicato del Cardinale Parolin, è passata quasi inosservata. Ma cosa dice del nostro Paese? Cosa dice della capacità di vivere la laicità? Cosa dice della cultura politica della maggioranza del Parlamento?
Più di 400 persone tra senatori, parlamentari e collaboratori sono stati riuniti sotto le volte della Cappella Sistina. Ad organizzare l’evento, Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati che ha convocato anche i presidenti della Camera e del Senato, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, che non hanno fatto mancare la loro presenza, con interventi iniziali e dazione di doni pregiati.
Il Segretario di Stato vaticano ha esordito proprio facendo riferimento alla situazione di grande incertezza internazionale invitando i politici presenti a riscoprire il vero senso del Natale. “Fare spazio a Cristo dentro di noi come nel presepio” è una delle frasi in cui riferimenti biblici e alla tradizione cattolica si sono fusi.
A partecipare alla giornata anche Davide Rondoni, poeta e letterato, che su nomina del Consiglio dei Ministri, guida un comitato nazionale per celebrare l’VIII centenario della morte di Francesco d’Assisi, Santo a cui il Parlamento italiano ha dedicato una nuova festa nazionale.
Questo evento dice molto dello stato della laicità nel nostro Paese e dell’intreccio tra politica italiana e relazioni con il Vaticano mai veramente risolte.
Pochi giorni fa, il rapporto Censis 2025 evidenziava le criticità del nostro Paese sottolineandone l’immobilismo, la limitatezza di visione per il futuro e il suo sopravvivere sull’orlo di una perenne crisi di irrisolutezza.
Questo evento sottolinea anche che, quando si cerca un collante sociale, in mezzo a grandi incertezze per il futuro, in Italia si torna sempre al cattolicesimo culturale. La cultura politica italiana sia di destra che di sinistra è irrimediabilmente plasmata dal sostrato cattolico. Essa non sembra volersene staccare, anzi, ricerca in questo terreno comune un senso di sicurezza e appartenenza.
Questo è indice di una grande immaturità rispetto ai temi della laicità e della coltivazione di un reale pluralismo religioso. Immaturità che si manifesta soprattutto nell’incapacità di distinguere nettamente tra il piano della fede personale e quello della rappresentanza istituzionale. In uno Stato costituzionalmente laico, la partecipazione individuale di parlamentari a momenti religiosi è ovviamente libera; ciò che solleva interrogativi è la dimensione istituzionale, liturgica e simbolicamente potente dell’evento, amplificata dal luogo, dai ruoli ricoperti dai presenti e dalla narrazione che lo accompagna.
La poca risonanza dell’evento a livello mediatico risiede proprio nella sua non eccezionalità: nell’accettazione supina che il Parlamento si riunisca in maniera così simbolicamente chiassosa nel luogo di elezione del Papa. La prassi nostrana prevede che politica, arte, cultura e religione sono da sempre intrecciate e faticano a trovare i confini delle proprie dimensioni. Anzi, esse insistono ancora di più su simboli, trazioni e linguaggio “cattolico romano” in tempi di incertezza. La visione si restringe su quello che suona familiare e che non mette in discussione i suoi retaggi per aprirsi a una visione di futuro rinnovata.
La laicità e il pluralismo religioso in Italia sono garantiti sulla carta e questo spesso interrompe il dialogo sul tema. Se la Costituzione li prevede, non sembra esserci motivo per rivendicarli. Eppure, abbiamo bisogno ancora che si facciano passi per una laicità culturale matura senza eleggere una sola tradizione religiosa a collante e garante dell’intero sistema Paese.