Taccuino australiano (IV). Il cattolicesimo romano visto dall’Australia

 
 

Siamo dall’altra parte del mondo rispetto all’Europa, ma il cattolicesimo romano è una realtà tutt’altro che trascurabile anche in Australia. Molti immigrati che sono arrivati qui nell’ultimo secolo (italiani, irlandesi, croati, maltesi, ecc.) hanno portato il cattolicesimo con loro. Circa un quarto della popolazione è cattolico e, in genere, interprete di un cattolicesimo intriso di pratiche culturali del Paese di origine. Vi sono molte scuole, università e ospedali cattolici, a testimonianza dell’integrazione nel tessuto profondo della nazione. Nel recente passato, l’Australia secolare ha conosciuto un crescente sentimento anti-cattolico esploso nel modo in cui il card. George Pell (1941-2023) è stato imprigionato per più di un anno con l’accusa di abusi sessuali, poi rivelatasi del tutto infondata. Oggi l’Australia è un Paese pluralista in molti sensi, segnato da una crescente secolarizzazione. Anche se indebolito, il cattolicesimo mantiene una sua presenza capillare ed influente nella società.

Le chiese evangeliche hanno avuto nei confronti del cattolicesimo un tradizionale senso di estraneità, se non di ostilità spirituale. La presenza del cattolicesimo era vista come un ostacolo all’evangelo e i cattolici erano considerati come persone da evangelizzare. Negli ultimi decenni, tuttavia, il combinato disposto della pressione della secolarizzazione e dell’ecumenismo, ha reso la lettura evangelica del cattolicesimo più sfumata e senza più chiari punti di riferimento. I cattolici sono visti per lo più come cristiani “diversi” e il cattolicesimo come una forma di cristianesimo segnata da “stranezze” varie (ad esempio, la mariologia), ma tutto sommato vicina. Non che ci sia una riflessione teologica consapevole che spinga nella direzione del buonismo ecumenico, ma è il clima culturale diffuso e la debolezza identitaria di molti ambienti evangelici a causare questo riposizionamento.

In questo contesto abbiamo avuto la possibilità di partecipare a cinque conferenze della Christian Missionary Society d’Australia in città diverse a cui hanno partecipato complessivamente 4000 persone. In questi grandi raduni abbiamo tenuto conferenze, seminari ed interviste incentrate sulla responsabilità evangelica di leggere il cattolicesimo romano come sistema fondato su impegni diversi dalla fede evangelica: non la fede trinitaria insegnata dalla Scrittura, ma un impasto di elementi eterogenei che risultano in una deviazione dall’evangelo biblico. L’insegnamento è stato ricevuto in modo generalmente attento e positivo. Non sembrano essere molte le voci che affrontano questi temi con parresia evangelica e l’opportunità è stata gradita.

Nelle centinaia di conversazioni avute, molte persone hanno avuto parole di apprezzamento per gli spunti ricevuti e hanno fatto tante domande sull’Italia. L’interesse mostrato nei confronti del cattolicesimo è stato genuino, ma spesso segnato da due elementi: 

1. un approccio biografico (“ho un amico cattolico che …”; “conosco un prete carismatico che …”) più che da uno teologico dal più ampio respiro. Il cattolicesimo sembra interessare perché si conosce qualcuno che è cattolico, più che come problema teologico per la fede evangelica. A volte il fuoco biografico è troppo particolaristico e limita molto la possibilità di capire la portata della sfida che non può essere ridotta alla rete di conoscenze personali. 

2. un’intenzione evangelistica (“come possiamo raggiungere i cattolici?”; “quali strategie usare nell’evangelizzazione?”) più che un interesse teologico di carattere sistemico. Ovviamente l’ansia evangelistica è ammirevole e necessaria, ma il cattolicesimo esige di essere letto teologicamente e non solo per saper avvicinare i vicini di casa che lo professano. Il cattolicesimo interroga la fede evangelica sul versante dottrinale, storico, spirituale, ecumenico, istituzionale, etico, ecc. e occorre quindi approcciarlo come visione del mondo fondata su un “altro” vangelo.

Anche visto dall’Australia, il cattolicesimo rimane una sfida che gli evangelici non sembrano percepire in tutta la sua portata locale e globale, teologica e culturale, missiologica ed evangelistica. Siamo grati per l’opportunità di questo ricco e stimolante viaggio in Australia e preghiamo che i semi piantati del discernimento evangelico possano portare frutto. 

(fine)

Taccuino australiano (I). Finestra su un pezzo di mondo evangelico dall’altra parte del pianeta (10/1/2023)

Taccuino australiano (II). Cosa significa dare “priorità all’evangelo”? (13/1/2023)

Taccuino australiano (III). Fare i conti con i “tempi lunghi” e i “risultati sospesi” della missione (18/1/2023)