La (poco ascoltata) lettura evangelica del cattolicesimo di Robert Strimple (1935-2024)

 
 

Non più di quattro o cinque. I teologi evangelici contemporanei che si sono misurati in modo intelligente e significativo con la teologia cattolica si possono contare sulla punta delle dita di una mano. Tra questi c’è Robert Strimple (1935-2024), professore di teologia sistematica alla facoltà Westminster California. Strimple è stato un teologo “minore” nel senso che non ha scritto molto e non è stato una celebrità nel mondo evangelico nordamericano. Eppure, quello che ha scritto sul cattolicesimo è degno di essere considerato, anche cogliendo l’occasione di ricordarne l’opera ad un anno dalla scomparsa.


Dopo il Vaticano II, la teologia evangelica ha fatto fatica a capire cosa stesse succedendo nel cattolicesimo. Nel 1972, un altro teologo americano, David Wells (n. 1939), scrisse il libro Revolution in Rome in cui diede voce alle perplessità evangeliche di fronte alle apparenti contraddizioni ed ambiguità uscite dal Concilio.  Il Vaticano II, se da un lato reiterava la tradizione, dall’altro la modificava in modo vistoso. La domanda di fondo di Wells è: “Dov’è Roma? Dove è sempre stata da secoli o è in movimento verso una posizione nuova?” Wells concludeva constatando il fatto che il cattolicesimo aveva una “mente divisa”: un po’ conservatrice, un po’ progressista; un po’ tridentina, un po' liberale. Il suo giudizio sospeso ha inciso non poco sulla posizione attendista della teologia evangelica successiva.


Proprio la natura del cambiamento del cattolicesimo romano è ciò che Strimple ha investigato (e forse capito) un po’ più in profondità. Se Wells si è fermato sulla soglia in attesa che il cattolicesimo sciogliesse i nodi delle sue sinuose giustapposizioni, Strimple ha fatto un passetto avanti cogliendo meglio di altri la dinamica che aveva generato il “rinnovamento” del Vaticano II e che stava dando i primi frutti. 


Da dove è nato l’interesse di Strimple per il cattolicesimo? Durante i suoi studi dottorali a Toronto, si imbatté nelle voci nord-americane dell’aggiornamento cattolico: da Bernard Lonergan a Leslie Dewart. Strimple rimase colpito dal fatto che questi autori, i professori e gli studenti cattolici con cui studiava fossero ben lontani dal cattolicesimo tridentino che la maggior parte dei teologi riformati del suo tempo conosceva. Al contrario, egli incontrò una teologia molto più simile al liberalismo protestante contro cui era stata fondata la facoltà di teologia di Westminster nel 1929.


Questo è il punto: Strimple capì che l’aggiornamento del Vaticano II, mentre si presentava come ritorno alle fonti bibliche e patristiche, in realtà aveva dato cittadinanza alle strutture di plausibilità del liberalismo post-illuminista. Il cattolicesimo uscito dal Concilio era più a suo agio con il liberalismo critico nei confronti dell’autorità della Scrittura, aperto all’universalismo della salvezza, incentrato sull’esperienza umana più che sulla rivelazione divina, interessato allo sviluppo della dottrina più che alla fedeltà letterale al magistero. Quelle esperienze a Toronto lo portarono a dedicarsi allo studio del cattolicesimo contemporaneo, diventando anche membro della Catholic Theological Society of America. Inoltre, lo spinsero a tenere regolarmente un corso facoltativo su questo argomento presso la facoltà di teologia Westminster California.


In alcune lezioni tenute al Calvin Seminary nel 1977 (disponibili in registrazioni audio): “Contemporary Roman Catholic Theology-God, Christ, and Salvation”; “Contemporary Roman Catholic Theology: Scripture and Tradition”; “Contemporary Roman Catholic Theology: The Church, The World and The Kingdom”, Strimple dà dimostrazione di avere contezza del volto “contemporaneo” del cattolicesimo e di testarlo nei vari campi della teologia. Il suo studio sui cambiamenti nella relazione tra Scrittura e tradizione è anche in forma di saggio: “The Relationship Between Scripture And Tradition In Contemporary Roman Catholic Theology”, Westminster Theological Journal 40:1 (1977). 


Il saggio dove troviamo la sua analisi più matura è “Roman Catholic Theology Today”, all’interno del volume Roman Catholicism: Evangelical Protestants Analyze What Divides and Unites Us, a cura di John Armstrong, Chicago, Moody Press 1994, pp. 84-117. Qui Strimple interagisce con le correnti della teologia cattolica post-conciliare, soprattutto con quella di Karl Rahner. Nota che le differenze con quella protestante post-liberale sono minime perché i presupposti (critica biblica, storia sopra il dogma, esperienze prima della dottrina) sono simili. In un sobrio commento a presa d’atto dei cambiamenti avvenuti e ancora in corso, Strimple annota: “la situazione teologica nella chiesa cattolica romana oggi è peggiore di quella dei tempi dei Riformatori” (103).


Purtroppo, nel Festschift in suo onore: The Pattern of Sound Doctrine: Systematic Theology at the Westminster Seminaries. Essays in Honor of Robert B. Strimple, a cura di David VanDrunen, Phillipsburgh, P&R 2004, nessun saggio è dedicato ai suoi studi sul cattolicesimo, come se fossero stati una parte minore del suo impegno teologico. Di fatto, dopo di lui, anche in quella facoltà di teologia americana l’insegnamento del corso sul cattolicesimo romano è cessato. Questa negligenza è una delle cause della confusione che si percepisce nell’evangelismo americano quando si tratta di capire la sfida del cattolicesimo contemporaneo. 


Molti evangelici non hanno ancora capito cosa sia avvenuto al Vaticano II e pensano, sbagliando, che il cattolicesimo sia quello uscito dal Concilio di Trento e scolpito nel Catechismo. La lezione di Strimple andrebbe riascoltata per avere migliore contezza dell’avvento della cattolicità del cattolicesimo dentro il sistema romano.