La politica del vangelo (VI). La politologia pattizia di Johannes Althusius

 
 

È possibile pensare un sistema politico che tragga la sua condizione di possibilità dalla Bibbia? La costruzione di un’impalcatura giuridica, sociale ed etica che innervi radicalmente la costituzione di uno stato, del suo “fare” ed “essere” politica a partire dalla saggezza atemporale delle Sacre Scritture?


È in questa cornice che si inserisce Johannes Althusius (1557 ca. – 1639) teologo, giurista e filosofo del diritto d’origine tedesca, di cui si è trattato in occasione della XXXVII edizione delle Giornate teologiche, tenute a Padova l’11 e 12 settembre dal tema “La politica del vangelo”. 


La relatrice, la professoressa Lucia Bianchin, docente all’ Università di Trento in “Storia del diritto medievale e moderno” ha proposto sinteticamente quello che è l’apparato teorico dell’Althusius. Nonostante il rigore storico-filologico della relazione proposta, sembra non sia stato centrato il cuore pulsante della teoria althusiana: il concetto di patto. 


Nell’economia del discorso di Althusius, è importante specificare che il concetto di patto è distante, se non alieno, a quel modo di pensare la politica delle dottrine antesignane della Rivoluzione francese che daranno vita alla scienza politica moderna. Infatti, il teatro delle teorie moderne che originano le nostre costituzioni contemporanee, che hanno fondato la gran parte delle nostre democrazie, basate su concetti come “rappresentanza politica”; “contratto sociale”; “libertà e uguaglianza” sono in sé delle negazioni di un universo politico pattizio (Cfr. G. Duso, Come pensare un’Europa federale. La lezione di Althusius, in: Editoriale scientifica). Le teorie dell’assolutismo moderno e forme come il giuspositivismo hobbesiano, hanno come centro, come vertice finale il concetto di individualità, di individuo e della sua volontà come assolutamente sacra e sovrana, la soggettività come giudice supremo dell’agire. 


Non è evidentemente questo ciò che muove Althusius e la sua Politica Methodice Digesta (1603). Per lui, il patto, quello fondamentale, non è tra rappresentante e rappresentato, non tra suddito e sovrano, bensì tra uomo e Dio. Il patto è il patto che si istituisce tra Dio, popolo e sommo magistrato. L’individuo non è il punto di partenza del patto, la matrice è Dio. Il patto civile è una conseguenza di un patto originario, di grazia, che viene dall’amore che Dio ha verso l’uomo (Genesi 17). Il federalismo (da “Foedus”, alleanza-patto) di Althusius, dove la eco di Calvino è forte (cfr. Dizionario di teologia evangelica alla voce “Patto”, p. 541), comprende una visione molto più ricca. 


Il patto, infatti, si configura come una struttura relazionale che comprende la visione dell’uomo come creatura creazionalmente fatta per stare in relazione (zoon politikon) e, in questo rapporto di simbiosi, (cfr. Aa.Vv. Sdt NS [2007] N.38, p. 120) l’individuo non rappresenta più il punto di partenza che ci consente di fondare una società “libera e uguale”. Il fondamento politico, quindi, non risiede più nell’uomo in quanto uomo ma come uomo pensato all’interno di un “diritto simbiotico”, all’interno quindi di una rete comunitaria più ampia. 


Questa visione pattizia permette il riconoscimento di diritti che vanno oltre la volontà dell’uomo, che hanno un valore antecedente all’uomo e all’istituzione statale: è il patto che Dio ha fatto con l’uomo, che attraversa omogeneamente la storia, dall’antico al nuovo testamento, un patto che non nasce per la volontà dell’uomo ma per la volontà di Dio. La politica quindi si colloca all’interno di questo perimetro molto più ampio, dentro questa cornice storico-redentiva, dentro al rapporto Creatore-creatura. 


È importante specificare che ciò non comporta un’eventuale deriva teocratica, né una politica senza un governante e un governato, senza leggi civili. Nella comunità politica c’è una guida (directio) e un governo (gubernatio) seppur non formalmente intese come vuole la politica d’età moderna. Anzi, la comunità non ci può essere senza un governo e, viceversa, non ci può essere governo senza comunità. 


Come’ è naturale (creazionale) la “consociatio” tra gli uomini è naturale anche che vi sia chi governa e chi è governato, nel pieno rispetto dell’autorità (Romani 13,1-5). Quello che Althusius dipana è un sistema politico, una strutturazione giuridica, sociale ed etica che pur mantenendo una razionalità scientifica prende i suoi presupposti, ha come statuto, primo e imperituro il messaggio biblico, non costruisce una teoria politica adattando ad essa la sapienza scritturale. Il contrario, fonda un complesso sistema teorico a partire dalla più grande fonte di verità, la parola di Dio. 


Per un approfondimento si veda “Johannes Althusius (1557-1638)”,


(continua) 


Della stessa serie:
Marco Iotti, “La politica del vangelo (I). Dio e l’autorità” (17/9/2025)
Chiara Lamberti, “La politica del vangelo (II). Cristiani e potere, quale relazione?” (19/9/2025)
Lucia Stelluti, “La politica del vangelo (III). L’intervista al Senatore Lucio Malan” (26/9/2025)
Daniele Mancini, “La politica del vangelo (IV). Pensiero sobrio e responsabilità differenziate” (30/9/2025)
Chiara Giambra, “La politica del vangelo (V). Un appello alla militanza evangelica” (3/10/2025)