La politica del vangelo (IX). Il contributo di Kuyper è superato?

 
 

Tra i significativi contributi proposti durante le Giornate Teologiche di quest’anno, incentrate sul tema “La politica del vangelo”, spicca senz’altro l’intervento del pastore Tommaso Manzon che ha delineato il pensiero politico di Abraham Kuyper (1837-1920). Figura molto affascinante e molto poco conosciuta nel contesto italiano, Kuyper è stato Primo Ministro olandese dal 1901 al 1905, pastore riformato, teologo e giornalista.


Ha svolto i suoi studi teologici all’Università di Leida, uno dei principali centri di formazione teologica dei Paesi Bassi. Benché inizialmente affascinato dalle posizioni moderniste che si erano andate diffondendo in quell’università, durante il percorso accademico visse un profondo mutamento spirituale ed intellettuale che lo ha portato ad abbracciare con gran convinzione la visione teologica riformata classica. 


Dal recupero della fede riformata nacque la convinzione che il cristianesimo non fosse solo una religione privata, ma che fosse portatrice di una visione integrale del tutto, capace di orientare ogni aspetto della vita umana. Partendo da questo presupposto, Kuyper si è impegnato a dare sistematizzazione alla vita cristiana in tutte le sue manifestazioni, anche nell’ambito sociale, culturale, scientifico e politico, cercando di offrire una struttura di pensiero robusta e coerente. Per Kuyper, infatti, il Vangelo offre una proposta alternativa al mondo moderno che non deve essere nascosta ma che anzi deve essere proclamata e vissuta coerentemente nel mondo.


Al cuore del pensiero kuyperiano vi è la riflessione che ruota attorno al principio della sovranità delle sfere, cioè la convinzione secondo cui ogni ambito (ogni sfera) della vita ha una propria autonomia e responsabilità davanti a Dio, senza che una sfera possa assorbire l’altra o dominarla. Ogni sfera ha un ambito proprio di competenza ben delimitato e soggetto alla sovranità di Dio. In tal senso quindi nessuna sfera può (si badi bene: nemmeno lo Stato o la Chiesa) pretendere di prevaricare sulle altre sfere o ergersi al di sopra di esse. La sovranità delle sfere non è un mero dettaglio del suo pensiero, ma la chiave di volta della sua visione; una complessa elaborazione finalizzata a dare forma ad una vita cristiana integrale, capace di abbracciare ogni aspetto dell’esistenza e ricondurlo sotto la completa signoria di Cristo.


Questa visione del mondo ha portato Kuyper nel 1879 alla fondazione del Partito Antirivoluzionario, in seguito alla pubblicazione di un manifesto politico chiamato “Il nostro programma” in cui delineava in maniera precisa la sua visione politica. Non si trattava di un mero manifesto elettorale, ma di una dichiarazione politica portatrice di una specifica visione alternativa della società, in netta contrapposizione ai grandi mutamenti ideologici dell’epoca post Rivoluzione Francese e in assoluta sintonia con i principi teologici della fede riformata.


Vi è da notare che il termine “antirivoluzionario” non va inteso come una volontà di ritornare ai tempi dell’ancien régime, in quanto in nessun modo la figura di Kuyper può essere identificata come reazionaria o nostalgica del passato prerivoluzionario. Egli criticava moltissimo le ragioni ideologiche che hanno motivato la Rivoluzione Francese, in quanto riteneva che fossero animate da visioni che ponevano l’uomo in totale autonomia rispetto a Dio e addirittura lo facevano ergere a giudice di Dio. La Rivoluzione Francese aveva espulso Dio dalla sfera pubblica e per questo, al contrario, la visione di Kuyper era incentrata sull’affermazione di un ordine sociale in cui la fede potesse ritornare ad essere protagonista nella vita pubblica del paese. Il Partito da lui fondato non nasceva quindi come forza reazionaria; piuttosto si proponeva come proposta per una sana società plurale ma non neutrale in cui i cristiani potessero farsi carico di una visione del mondo capace di influenzare attivamente la vita pubblica. 


Tuttavia, c’è da sottolineare come il suo essere antirivoluzionario non significasse essere contro la rivoluzione in senso lato. Infatti, benché abbia criticato aspramente la Rivoluzione Francese, Kuyper riconosce in essa degli aspetti positivi soprattutto in relazione al superamento di alcune istituzioni antiche e al fatto che abbia posto al centro temi come giustizia sociale e dignità umana. In questo egli vedeva la provvidenza della grazia comune di Dio, altro concetto importantissimo nella teologica di Abraham Kuyper. Infatti, secondo la sua teologia, Dio non agisce unicamente attraverso la comunità dei credenti, ma di fatto Egli sostiene tutta la creazione per mezzo della grazia comune. Ciò significa che aspetti positivi possono affiorare anche laddove la luce del Vangelo non è ancora arrivata, portando benefici visibili per tutta l’umanità. La sua visione politica era pienamente cristiano-storica in quanto riaffermava la sovranità di Cristo su ogni aspetto della realtà e riconosceva l’importanza del cristianesimo negli sviluppi storici dell’Europa.  


Kuyper, inoltre, parlando di calvinismo non si riferisce esclusivamente ad una specifica confessione religiosa (come ben delineato nella famose “Stone Lectures” tenute a Princeton nel 1899), ma intende qualcosa di più ampio, una vera e propria Weltanschauung abbracciata da diverse realtà religiose del protestantesimo; un protestantesimo maturo e capace di oltrepassare i limiti del mero dogmatismo e abbracciare, appunto, una visione del mondo capace di mobilitare i cristiani a vivere una vita di fede piena e consapevole anche nell’ambito pubblico. 


A conclusione di questo brevissimo viaggio nella visione politica di Kuyper, pur affascinati dalla bellezza e dalla genuinità dello sforzo teologico, politico e filosofico affrontato da Abraham Kuyper, ci sarebbe da chiedersi in tutta onestà: Kuyper ha fallito? 


È sotto gli occhi di tutti la situazione in cui si trova l’Europa oggi. Ad esempio, i Paesi Bassi sono uno dei paesi più secolarizzati al mondo. Ad oggi circa un milione di persone è di fede musulmana e nel giro di pochi decenni, se la tendenza demografica dovesse mantenere le attuali coordinate, tale numero potrebbe aumentare notevolmente.  La fede cristiana è sempre meno influente nella piazza pubblica. Kuyper ha fallito? Se sì, a che serve studiarlo?


Le riflessioni del teologo olandese non sono inutili per il cristiano contemporaneo. Benché possano apparire distanti per via dei grandi mutamenti che sono intercorsi dalla fine dell’800 ad oggi, la sua visione è capace di suscitare ancora importanti spunti di riflessione.


Prima di tutto ci ricorda il valore della testimonianza pubblica della fede cristiana; poi ci stimola a saper scorgere il bene anche al di fuori dei limiti della Chiesa (grazia comune); ci ricorda l’importanza della libertà religiosa (per tutti) e della verità cristiana che deve essere proclamata anche in una società pluralista; ci mette in guardia dalle tentazioni di commistione tra Chiesa e Stato.


Insomma, più che un’attività di archeologia teologica e politica, la riflessione sulla visione politica di Kuyper ci sa offrire strumenti utili per riflettere sull’oggi. Soprattutto perché in un tempo di così grande confusione e polarizzazione, di controllo eccessivo dello Stato sul cittadino, di confusione tra ambiti di competenza (si pensi, ad esempio, all’eccessivo ruolo politico consolidato dalla finanza), la sovranità delle sfere ci sollecita a rimettere in ordine ogni cosa sotto la signoria di Cristo. 


Ancora oggi, forse più che in passato, in un tempo di crisi per l’identità europea non ci può essere altra speranza per l’Europa al di fuori dell’Uomo dei dolori, Cristo Gesù. 



Della stessa serie:

Marco Iotti, “La politica del vangelo (I). Dio e l’autorità” (17/9/2025)

Chiara Lamberti, “La politica del vangelo (II). Cristiani e potere, quale relazione?” (19/9/2025)

Lucia Stelluti, “La politica del vangelo (III). L’intervista al Senatore Lucio Malan” (26/9/2025)

Daniele Mancini, “La politica del vangelo (IV). Pensiero sobrio e responsabilità differenziate” (30/9/2025)

Chiara Giambra, “La politica del vangelo (V). Un appello alla militanza evangelica” (3/10/2025)

Fabrizio Tinazzo “La politica del vangelo (VI). La politologia pattizia di Johannes Althusius” (7/10/2025)

Francesco Orefice, “La politica del vangelo (VII). Il perciò di Dio che non si conforma, ma trasforma” (9/10/2025)

Damaris Marletta, “La politica del vangelo (VIII). L’amore sovversivo oltre finzioni, violenza e legalismi” (15/10/2025)