La politica del vangelo (VII). Il “perciò” di Dio che non si conforma, ma trasforma

 
 

Il tema delle Giornate teologiche 2025, “La politica del vangelo”, è stato aperto con un intervento di Leonardo De Chirico diviso in due parti principali: una prima introduzione al tema del convegno all’interno della situazione evangelica italiana, passata e presente, e una seconda interessante argomentazione teologica prendendo come riferimento il testo di Romani 12,1-2 con il quale ha tracciato le sfide per il futuro. 


Prendendo spunto da una persona a lui vicina, il relatore ha descritto l’approccio alla politica della stragrande maggioranza degli evangelici italiani; infatti, dalle vicende politiche della Prima Repubblica alle posizioni polarizzate della politica moderna, l’evangelico medio italiano non ha abitato la politica con la lucidità data da una visione globale e riformante del messaggio del Vangelo, bensì si è destreggiato tra i vari partiti politici seguendo il tema del “meno peggio”.


Concordo che fino ad ora nell’ambiente evangelico a definire il campo d’azione dell’individuo a livello politico sia stata un’operazione di sottrazione che di fronte ad una situazione politica-istituzionale indubbiamente segnata dal peccato, come ogni altro aspetto della realtà, ha scelto di restare passivo e remissivo per l’imbarazzo di compiere la scelta sbagliata. 


La strategia vincente per fare la differenza come cristiani anche nella sfera politica ed istituzionale della società sia una visione del campo d’azione che riesca a sommare ed amalgamare i principi del vangelo alla responsabilità che, come cittadini, siamo chiamati ad assumere, nel praticare un’azione politica consapevole ed intenzionale di elettorato passivo ma anche e soprattutto attivo. 


La prima parte introduttiva si è conclusa poi con la contestualizzazione delle GT 2025 su fede e politica all’interno dei circa 45 anni di attività di IFED, le quali non sono frutto di una scelta casuale tra le varie argomentazioni teologiche, né un’occasione per affrontare un topic attrattivo con fini pubblicitari. Piuttosto, il tema delle GT si è configurato come l’ennesima tappa di un lungo percorso che tenta intenzionalmente di sviscerare le conseguenze di un vangelo vissuto e pensato a 360 gradi. 


Questo passato, quindi, legittima IFED alla promozione autorevole di un pensiero evangelico che non ha paura di affrontare il tema della politica, senza però avere la presunzione di possedere tutte le risposte, piuttosto incentivando il ragionamento e l’azione concreta della fede, anche su quegli aspetti dove c’è ancora molta strada da percorrere. È evidente, infatti, che il mondo evangelico abbia la necessità di vivere un processo importante di maturazione nell’ambito della politica.


Concentrandoci ora sull’approfondimento esposto da Leonardo De Chirico, in che modo Romani 12,1-2 riflette la politica del vangelo? Esponendo attentamente lo sviluppo dell’epistola ai Romani, De Chirico ha evidenziato come le motivazioni che spinsero l’apostolo alla stesura della lettera fossero proprio problemi di carattere socioculturale, quindi anche politici di fatto, ovvero il problema del tempo e del cibo (Romani 14). 


In quest’ottica i primi 11 capitoli diventano una sorta di “percorso introduttivo” necessario per poter affrontare il problema del tempo e del cibo dalla prospettiva giusta, ovvero la prospettiva del vangelo. Paolo, infatti, non risolve il problema del tempo e del cibo all’interno della Chiesa di Roma dando una soluzione pragmatica e affrettata, ma anzi, illustrando il modo di affrontare questi problemi, ovvero partendo dal vangelo per giungere ad una scelta che lo onori all’interno dell’architettura della Parola di Dio. 


Questo approccio responsabilizzante fa crescere e guida le persone verso un percorso di maturazione alla luce del vangelo, al contrario di una religione che offre pseudo-soluzioni intoccabili e avvolte dal velo della santità che si trasformano in forme pericolose di teocrazia e fariseismo.


Successivamente De Chirico ha spostato l’accento sul “perciò” che dà il LA al capitolo 12 di Romani, dopo la conclusione dossologica del capitolo precedente, mostrandoci come il vangelo non può e non deve rimanere una teologia astratta, ma deve trasformarsi in un rinnovamento della mente, contestualizzate al mondo che viviamo, rendendo il vangelo vivo e alla portata di tutti.


“La teologia del perciò di Dio” ci legittima come cristiani ad interessarci anche al mondo della politica, in una prospettiva che vuole smontare i paradigmi presenti (per esempio, la polarizzazione politica attuale) e promuovere i valori dell’evangelo in ogni ambito della realtà, politica inclusa.


(continua)


Della stessa serie:

Marco Iotti, “La politica del vangelo (I). Dio e l’autorità” (17/9/2025)

Chiara Lamberti, “La politica del vangelo (II). Cristiani e potere, quale relazione?” (19/9/2025)

Lucia Stelluti, “La politica del vangelo (III). L’intervista al Senatore Lucio Malan” (26/9/2025)

Daniele Mancini, “La politica del vangelo (IV). Pensiero sobrio e responsabilità differenziate” (30/9/2025)

Chiara Giambra, “La politica del vangelo (V). Un appello alla militanza evangelica” (3/10/2025)

Fabrizio Tinazzo “La politica del vangelo (VI). La politologia pattizia di Johannes Althusius”